di Lucrezia Cicchese

Immaginate di affacciarvi alla finestra, la mattina di lunedì 4 maggio 2020: cosa vedete? Qualcuno risponderà “c’è più gente”, qualcun altro dirà “è tutto uguale”, per qualcun altro sembrerà di essere “tornati alla normalità”.

La “Fase 2”, oggi, è un contenitore senza contenuto. Un vaso che riempiremo noi, con i nostri comportamenti e le nostre abitudini, alle quali ci siamo allenati in questi quasi due mesi di quarantena. E in questo vaso, insieme ai comportamenti, porteremo idee, pensieri e progetti futuri. Positività, una parola che solo a pronunciarla ora mette in imbarazzo. Come si fa, oggi, a essere ottimisti? Beh, proviamo a capovolgere il punto di vista: perché non esserlo?

A dare manforte a questa posizione c’è uno scienziato di fama mondiale, il professor Guido Silvestri, un italiano che guida il dipartimento di Patologia dell’Università Emory di Atlanta, negli Usa. Da settimane, in un mare di previsioni nefaste e annunci catastrofici, il dottor Silvestri elargisce positività al grido di “L’ottimismo che viene dalla conoscenza”.

Batte sempre sullo stesso, incontestabile, argomento: il virus non ha scampo contro la grande alleanza degli scienziati di tutto il mondo. È il primo, grande motivo per essere fiduciosi: contro la medicina non c’è partita. E in questa gara un ruolo in campo lo stiamo giocando anche noi che, mantenendo isolamento e distanziamento sociale, diamo tempo agli studiosi di conquistare un pezzettino di strada alla volta verso il traguardo.

Ecco altri motivi per convincerci che la fine della pandemia sia più vicina di quanto si pensi.

1) Sul vaccino sono a lavoro praticamente tutti i laboratori del mondo. Una potenza di fuoco inimmaginata finora. È dei giorni scorsi la notizia di una collaborazione scientifica, in cui ha avuto un ruolo anche un laboratorio italiano, che potrebbe permettere di avere un vaccino in tempi record, addirittura a settembre;

2) La medicina mondiale sta accumulando dati e casistiche e accumulare dati e casistiche significa avere le basi per condurre studi epidemiologici, rilevare fattori di rischio, verificare l’immunità anticorpale dei soggetti guariti;

3) Il picco è alle nostre spalle, il che vuole dire che se dovesse ripresentarsi una nuova ondata (non è da escludere una volta allentato il lockdown) avremo già esperienza sul cosa fare, come bloccare il contagio, quali catene ricostruire e come spegnere rapidamente i focolai;

4) Non è la prima pandemia che colpisce l’umanità e non sarà l’ultima. L’uomo, pagando purtroppo spesso un prezzo molto alto, ce l’ha comunque sempre fatta. La storia insegna;

5) Il virus non manterrà la sua carica, la sua forza. Per motivi “evoluzionistici” nel tempo si indebolirà e questo perché ha bisogno di un ospite che lo tenga in vita e che gli permetta di trasmettersi. Il virus, sembra assurdo dirlo, cerca di convivere con l’uomo, se l’uomo muore, muore il virus. Così, darwinianamente, avverrà una selezione: i ceppi più aggressivi lasceranno progressivamente spazio a quelli meno aggressivi. Così è accaduto anche in passato;

6) Lo sforzo sanitario messo in campo dall’Italia è stato enorme. Il servizio sanitario ha resistito a una pressione che in alcuni momenti sembrava insostenibile. Ora si sta alleggerendo e quello che rimarrà è un bagaglio di lavoro e di esperienza su cui fare tesoro nel futuro;

7) Torniamo all’inizio del nostro articolo, alla “Fase 2”, al contenitore senza contenuto. Qui entriamo in gioco noi: qualche mese fa eravamo senza conoscenza, senza protezioni e senza consapevolezza. Oggi le abbiamo. In queste condizioni la strada verso la fine di tutto sembra avere davvero poche curve.