Condivisione. È la parola caposaldo attorno al quale far ragionare le logiche di questo Paese in crisi.

In una intervista a Sky tg24 Maurizio Del Conte, professore di diritto del lavoro, cerca di affrontare il tema lavoro, reso ancor più precario dalla pandemia, e traccia linee guida per un cambiamento difficile ma non impossibile.

Era prevedibile una crisi economica di tale portata?

“Nessun economista aveva immaginato una situazione simile. È una situazione inedita che colpisce fortemente il lavoro in un modo completamente diverso dalle crisi precedenti. Questo è uno shock improvviso, che ha tagliato trasversalmente tutte le attività e dal quale purtroppo non ci riprenderemo in modo omogeneo. Ci saranno attività che saranno ferme ancora per molti mesi, altre che ripartiranno e forse troveranno anche delle opportunità da questa crisi. Il filone della sanità, ad esempio, al quale andranno fatti forti investimenti. Non solo i medici, ma tutta la filiera che sta intorno a questo comparto. Altro settore in cui investire è la digitalizzazione, la banda larga per tutto il Paese in modo da non aumentare la distanza tra i centri urbani e le periferie. Bisogna fare investimenti in logistica. In questi giorni, infatti, ci si è molto abituati a usare l’e-commerce che non è solo logistica ma progettazione”.

Come cambia il lavoro? Ha ancora valore il fattore tempo?

“Bisogna superare l’idea che il lavoro venga pagato per il tempo che passi in ufficio, ma andando verso l’idea di un lavoro che realizza un valore.Una cultura manageriale che sposta il lavoro sulla base di obiettivi: dire al lavoratore che cosa deve fare e lasciargli la responsabilità di gestirsi il tempo. Tutto questo va ripensato e trae sicuramente dalla circostanza che stiamo vivendo. Questa, nella crisi, potrebbe diventare l’opportunità purché si sappia tradurre in progettazione intelligente”.

Le grandi crisi, dunque, devono mettere in moto un nuovo modo di pensare. L’Italia è pronta?

“Gli italiani sono noti per avere una forte propensione alla fantasia. Quello che manca è saper tradurre queste idee in organizzazione, cioè portare a terra quello che possiamo immaginare con un nuovo modello di sviluppo da qui alla fase di ripresa. Concretamente significa che dovremmo sburocratizzare la macchina amministrativa che è lenta e non concepita per essere valutata sui risultati ma sul tempo “speso” attorno a una problematica. Un ostacolo per il Paese, ma lo stimolo verso cui poter programmare una ripresa. Non più adempimenti ma facilitazioni. Se si potesse cambiare questo aspetto, anche e soprattutto all’interno della Pubblica Amministrazione – ovvero offrire servizi reali e valutato per i servizi che rende – potrebbe essere una grande occasione di cambiamento”.