È un Primo Maggio in cui si celebra il lavoro in maniera diversa. Serpeggia nella mente delle persone l’idea che il lavoro si perderà o che non si avrà mai occasione di intraprendere un percorso professionale. Il virus ha messo tutti innanzi una verità scomoda, scenari che ora devono essere cambiati. Il mondo si è fermato. Quanti sogni andati in frantumi. A non andare in frantumi, però, lo stereotipo che ci si trascina da sempre: donne/lavoro/mamme.

Era il Primo Maggio del 2018 e sulla mia pelle vivevo lo stereotipo per eccellenza nell’universo lavorativo.

Sembra essere ormai superata l’idea che lavorare e avere figli sia impossibile. Infatti, banale sottolinearlo ma ancora doveroso, è cosa normale e bella. Eppure in Italia non è così. Crediamo che quando toccherà a noi le cose saranno diverse. Il mondo si sarà evoluto. E allora cerchiamo di vivere con ottimismo, però poi accade che ci si ritrova ad essere “in stato interessante”. La realtà non è quella che ci si era raccontata. Ad attendere il più delle donne è, spesso, un declassamento di ruolo. Bisogna ricominciare da zero – “perché sono mesi che sei fuori e sicuramente, dicono, ti senti inadeguata – nonostante non si è più una adolescente, ma una quasi quarantenne con esperienza.

E l’emergenza di queste lunghe settimane ci ha fatto capire che il Covid-19 è un altro nemico sociale delle donne perché porta con sé molteplici problemi che investono la società in maniera trasversale. Madri, lavoratrici e casalinghe insieme. Reinventarsi maestre e animatrici ai tempi del virus e ricerca disperata di un momento della giornata da dedicare a se stesse. Mai, come in questi giorni, funambole dell’esistenza. Equilibriste della famiglia. Costrette a faticare il triplo tra smart working, cura dei figli e faccende domestiche. E spesso messe alle strette con scelte difficili. A rinunce, nella peggiore delle ipotesi. Perché torna sempre la frase “non puoi farcela”.

Eternamente in bilico tra famiglia e carriera. Dopo i piccoli passi avanti fatti nelle politiche di parità di genere, è impensabile tornare nuovamente indietro e perdere occupazione femminile. Perché – ahimé – è questa la previsione. E pure in questa pandemia le donne sono state in prima linea nelle corsie degli ospedali, nei settori produttivi essenziali, nel commercio, nei servizi sociali. Ma non basta. E così si dovrà avere la forza, ancora, di percorrere la battaglia che porti a una nuova era di emancipazione e libertà della donna.