Il Molise insegna. Così per il quotidiano Huffington Post. Quello che è accaduto lo scorso 30 aprile – il noto “non funerale” – al di là delle polemiche può aiutare a capire come trattare il problema delle possibili ripartenze del contagio in altre parti del paese. Vediamo come.

Secondo il quotidiano in primis per gli aspetti sociologici. Il gruppo rom molisano è ben integrato a livello sociale e lavorativo. Si tratta di un gruppo piccolo ma coeso, con tratti culturali e abitudini comportamentali caratteristiche: da un punto di vista epidemiologico il contagio, che certamente ha avuto luogo durante il funerale non autorizzato, si è sviluppato praticamente solo all’interno di questo gruppo di persone, infettandone una frazione molto alta. Il contagio è avvenuto durante il lockdown: si è sviluppato quindi in condizioni di forte isolamento interpersonale, ma non intrafamiliare.

L’osservazione, la prima, è che si tratta di un “sotto-contagio” all’interno del contagio complessivo del covid-19 e non si è sviluppato con il resto della popolazione a causa del  lockdown.

E ancora, dalla figura in basso possiamo vedere come, fino all’ 8 maggio, il Molise seguisse perfettamente un modello epidemiologico (curva e dati arancioni) che stava portando allo spegnimento del numero degli “infetti attivi” (= “casi”-“guariti”-“deceduti”). Risulta facile estrarre la differenza tra i contagi in eccesso rispetto all’ andamento atteso, a partire  dall’8 maggio, 9 giorni dopo l’evento contagioso.

 

Seconda osservazione rilevata: il periodo di 9 giorni  rappresenta una stima credibile del tempo che intercorre fra un evento significativo di contagio e il momento in cui gli infetti iniziano a essere identificati in quanto  sintomatici. Non vi è ragione di pensare che questa tempistica sia diversa in altre regioni.

Terza osservazione: non è possibile intercettare in tempi più brevi l’effetto di un outbreak, considerato che i tamponi fatti sulla popolazione richiedono tempo per essere effettuati e analizzati. 

Gli effetti del contagio nel contagio si sviluppa in modo rapido inizialmente, raggiunge un picco e poi la discesa e relativamente rapida.

 

Perché, si chiede Huffington Post, sia la salita che la discesa del contagio sono più rapide dell’andamento generale della curva epidemiologica dell’intera regione?

La rapidità della salita iniziale dà una misura di quanto rapidamente si sia sviluppato il contagio in questo sottogruppo, ed è collegata al famoso Ro: facendo i conti risulta che  fronte di un Rregionale che si era oscillava sotto 0.5, la crescita iniziale in questo sottocontagio è stata almeno 6 volte più rapida, raggiungendo un Ro di circa 3, proprio come durante le prime fasi del contagio prima del lockdown.

Se ne deduce così una quarta osservazione, ovvero il virus è sempre in agguato e pronto a ripartire se non si presta attenzione al distanziamento sociale.

Dunque, quinta osservazione, la maggiore rapidità della discesa è una indicazione dell’efficacia del tracciamento e della messa in quarantena degli infetti e dei loro contatti. Il sistema di intervento è oggi molto più rapido ed efficace rispetto a 3 mesi fa: l’outbreak, non appena si è manifestato, è stato identificato rapidamente e le conseguenti  misure di contenimento, tracciamento e quarantena messe in atto in tempi brevi.

Questa analisi e queste osservazioni sono utili per capire cosa sta succedendo anche in altre regioni. Ad esempio si possono fare simulazioni introducendo un outbreak come quello del Molise nei dati di un’altra regione per capire se sarebbe visibile con la stessa evidenza.

Diventa quindi importante e necessaria la segmentazione dei dati, almeno a livello provinciale in modo da monitorare costantemente l’insorgere di nuovi focolai.

Se ne deduce, ancora, che outbreaks dovuti a eventi particolari, cene, feste o altre violazioni significative del distanziamento sociale sono per loro natura eventi limitati a un piccolo numero di persone, indipendentemente dal fatto che avvengano in  regioni grandi o piccole.

I dati provinciali diventano quindi – secondo l’articolo scritto da Roberto Battiston (Fisico, già Presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana) – uno strumento essenziale, in particolare nelle grandi regioni, per identificare, a 9-10 giorni da eventi infettivi anomali,  la presenza di focolai come quello molisano e a intervenire di conseguenza. Non arriveranno prima né i test né i tamponi nel determinare un aumento degli infetti sintomatici dovuto ad un outbreak. Dove la densità di infetti è maggiore, per rendere evidente un focolaio è necessario monitorare l’evoluzione dei dati su porzioni di territorio più contenute. Diventa imperativo mettere a regime tali dati per le riaperture e in vista di settembre.