All’indomani della pandemia a causa del coronavirus il turismo ha subìto un cambiamento vertiginoso, nei modi e nei tempi. In calo i turisti stranieri. Si scelgono mete diverse per le vacanze e si guardano con occhi nuovi i piccoli borghi. In particolare, quelli delle aree interne che, anche se in modo semplice, hanno molto da offrire e concedono un distanziamento naturale. E proprio per questo, tra i modelli ricettivi, si predilige l’albergo diffuso.

Una struttura che nasce da ciò che c’è nel territorio. Questo è il concetto che sta alla base dell’albergo diffuso, previsto dall’articolo 4 della legge 158 Piccoli comuni.

“I piccoli Comuni possono avvalersi delle risorse stanziate dalla presente legge per la promozione degli alberghi diffusi con particolare riferimento ai borghi antichi e ai centri storici abbandonati o spopolati”.

Questa idea, che il Times ha definito una “trovata semplice e al tempo spesso geniale”, è nata in Italia dopo un terribile evento, quello del sisma del 1976 che ha segnato il Friuli.

Dopo quel drammatico avvenimento si è pensato di riconvertire all’ospitalità case e borghi disabitati della Carnia.

Per dare vita ad un albergo diffuso infatti non è necessario costruire niente, è indispensabile recuperare o ristrutturare e mettere in rete quello che esiste già.

A indicarne le caratteristiche è proprio l’aggettivo ‘diffuso’. Si tratta di una multi-struttura dislocata in più edifici che offre i classici servizi alberghieri in una nuova formula di somministrazione. La struttura si capovolge e da verticale – i tipici alberghi – diventa orizzontale – più edifici all’interno dell’area del borgo. La gestione è unitaria ed originale.

Un modello che diventa un punto di aggregazione sociale che anima i centri storici di ogni borgo.

Gli ospiti potendo contare su tutti i servizi alberghieri – accoglienza, assistenza, ristorazione, spazi e servizi comuni – vivono l’esperienza di vita di un centro storico di una città o di un paese. Alloggiano in case e camere che distano non oltre 200 metri dal cuore dell’albergo diffuso, che è poi lo stabile nel quale sono situati la reception, ambienti comuni e area ristoro.

In Molise l’idea si sviluppa nei primi anni 2000.

Nel febbraio del 2005 nel borgo marinaro di Termoli nasce l’albergo diffuso ‘Residenza Sveva’.

Fabrizio, il titolare, racconta che sono state ristrutturate delle abitazioni di proprietà adattandole al modello di albergo diffuso.

Avendo già gli immobili di proprietà distanti massimo 200 metri dalla reception abbiamo ristrutturato queste abitazioni destinandole a camere con bagno e abbiamo creato il marchio Residenza Sveva”.

Con il tempo i titolari della struttura hanno capito che l’albergo diffuso è una forma ricettiva che dà al borgo un grosso respiro economico e sociale.

“Consente ai turisti di vivere la realtà del centro storico tutto l’anno, non solo d’estate. L’ospite si traveste da residente entrando in contatto con tutti gli attori del borgo – il titolare dell’alimentare, del bar, del ristorante – si crea così una sinergia positiva tra le attività commerciali, ma anche tra gli abitanti. Una interazione tra il turista e chi vive nel centro storico”.

Dunque, quello dell’albergo diffuso diventa un valore sociale. Ha funzionato e funziona il concetto di portare gente in un posto che nel tempo avrebbe perso socialità ed economia.

Per qualcuno l’idea di investire sul progetto di albergo diffuso significa anche ritornare in Molise. È il caso di Manuela e della sua famiglia che, sempre a Termoli, gestiscono ‘Locanda Alfieri’, che diventa albergo diffuso nel 2005. Si colloca nel centro storico di Termoli e diventa un punto di riferimento per quanti vivono in quell’angolo della città.

“Nell’immaginario collettivo della nostra città si è cominciato ad avere l’idea che nel borgo si poteva dormire. A livello occupazionale, le persone che hanno lavorato e lavorano nella struttura vivono tutte nel centro storico. E poi siamo un riferimento per le persone anziane che passeggiano nel borgo”.

Strutture dunque che portano ai titolari e allo stesso territorio benefici a livello economico e sociale.

Ed è un modello che  non funziona solo in una città più o meno grande come Termoli, che ha già una vocazione turistica. È efficace anche in un piccolo paese come Scapoli che conta poco più di 700 abitanti e dove Elisabetta, nel 2011, per passione ha deciso di ristrutturare una serie di appartamenti e camere nel centro storico del paese, dando vita all’albergo diffuso ‘Il Borgo’.

“Un beneficio per il territorio e un paese dove non c’erano strutture ricettive. Tante persone chiedevano di poter soggiornare, trascorrere un periodo nell’alto Volturno, dove non era molto sviluppata la ricettività in quel momento. Per noi è stata una soddisfazione personale”.

In Alto Molise, e più precisamente a Castel del Giudice, la sinergia tra pubblico e privato ha dato vita, nel 2007, all’albergo diffuso ‘Borgotufi’. Un accordo, tra istituzioni, proprietari delle case e imprenditori, ha fatto nascere un progetto di sviluppo e di rinascita che comprende varie realtà del paese.

La filosofia che ha ispirato il progetto è stata quella di riqualificare il borgo, conservandone l’identità, ma aprendolo all’ospitalità e allo sviluppo turistico sostenibile.

Il sindaco del piccolo comune in provincia di Isernia, Lino Gentile, spiega che alla base dell’iniziativa c’è la volontà di frenare lo spopolamento e di far rinascere il territorio.

“Trasformare i punti di debolezza in punti di forza. Partire dagli svantaggi per farli diventare nuove opportunità. L’albergo diffuso nasce dalla convinzione che la ‘crescita del territorio’ passi per la ricerca e lo sviluppo di nuove forme di turismo e di ospitalità”.

Enrico Ricci, tra i titolari della struttura, definisce Borgotufi il perno a cui si legano altre attività come l’agricoltura e il turismo, di Castel del Giudice e dell’intera zona.

“Ha dato input alla creazione di nuovi servizi ed esperienze, per i visitatori e per gli abitanti”.

Il modello albergo diffuso, dunque, nel tempo è diventato per il territorio molisano un’àncora di salvezza.

Seppure molte strutture siano a conduzione familiare hanno consentito a molti giovani di rimanere e portare avanti l’attività insieme alla propria famiglia. E allo stesso tempo si sono creati dei posti di lavoro. Persone impiegate nella reception, nelle pulizie della struttura, nella sala colazione. Tale progetto, a Termoli come a Castel del Giudice, ha creato i presupposti affinché diverse persone siano rimaste e abbiano pianificato il loro futuro in Molise.

Dunque, un modello che funziona. Che ha tutte le carte in tavola per far ripartire la stagione estiva 2020. Il covid ha messo a dura prova molte attività commerciali e non ultime le strutture ricettive tra cui anche gli alberghi diffusi. Ma sono proprio questi che hanno un distanziamento naturale dato dagli appartamenti distanti tra loro.

Un soggiorno in sicurezza in una casa indipendente che, allo stesso tempo consente al turista di diventare parte integrante di quella realtà.

E in montagna ancora di più dove i turisti potranno immergersi nella natura, mantenendo un distanziamento naturale, facendo, ad esempio trekking o passeggiate. Soprattutto in questo particolare momento storico.

La pandemia ci ha messo di fronte ad un altro tipo di turismo e quello che sembra essere più efficace è proprio il turismo di prossimità e a contatto con la natura. La forma ricettiva più richiesta e apprezzata sembra essere proprio quella dell’albergo diffuso. Quella più richiesta dai turisti che decidono di andare in vacanza scegliendo un turismo di prossimità o alla riscoperta dei piccoli paesi.

E se questo modello può funzionare in un momento di difficoltà può essere efficace per un territorio che ha tutte le prerogative e le potenzialità per ripartire, soprattutto da quello che già esiste.

Infatti, ogni paese, anche delle aree interne del Molise, ha delle strutture abbandonate che potrebbero essere recuperate o ristrutturate e messe in rete. Un input per tanti giovani o meno giovani, che anche dopo un’esperienza fuori possono tornare con idee grandi e nuove sapendole spendere anche per un modello come quello dell’albergo diffuso, guardando perfino alla tradizione.

Può essere questa una proposta che va a colmare le mancanze di cui troppo spesso soffre il territorio delle aree interne in particolare e del Molise in generale. Lavoro e servizi.

Strutture ricettive come il modello dell’albergo diffuso nello specifico porta posti di lavoro. L’arrivo di ospiti, che possono appartenere a target diversi, come per esempio quello del business – quindi non pensiamo solo a chi viene in vacanza – fa girare l’economia.

Ma evidentemente il discorso si completa nel momento in cui chi vuole investire abbia delle agevolazioni per farlo. Anche il territorio dovrebbe essere più accattivante per spronare quel coraggio di chi decide di restare e avviare un’attività.

Lo dice anche il sindaco di Castel del Giudice Lino Gentile che grazie a interventi mirati ha visto il suo borgo rinascere.

“Manca un sistema sinergico territoriale efficace che possa accompagnare le attività d’impresa. Non ci sono sistemi turistici strutturati e ben organizzati, con strumenti già realizzati, come avviene in altre regioni.  Il Molise fa ancora fatica a farsi conoscere. Manca la rete tra gli operatori turistici. Sarebbero necessarie più proposte e soluzioni congiunte. Portare avanti un’azienda in Molise è una continua sfida. Abbiamo bisogno di una rivoluzione dolce ma di ampia portata!”

Alla base di tutto, dunque, è necessaria quella sinergia e quel dialogo tra chi decide e chi agisce.

I borghi italiani – e anche i tanti borghi molisani – hanno bisogno di sostegno, di aiuto, di pianificazione, e del riconoscimento della loro unicità. È bene dunque pensare a queste soluzioni come salvezza per il territorio piuttosto che concentrarsi su investimenti poco mirati e mal coordinati.