di Silvia Valente

Il nome di Michele Mariano si lega ad una delle problematiche più annose della nostra regione: la mancanza di medici ginecologi non obiettori di coscienza; il dott. Mariano, infatti, è da anni l’unico ginecologo a praticare le interruzioni di gravidanza in Molise. Un dato allarmante, non solo in termini di garanzia di un servizio sanitario – che con grande impegno e profonda coscienza il dott. Mariano non ha mai mancato di garantire alle sue pazienti, pur essendo solo – ma che la dice lunga sulle dinamiche regionali in materia di legge 194 e sue applicazioni.

Un argomento di grande attualità, alla luce di quanto accaduto in queste ultime settimane in due regioni italiane: Umbria e Toscana; geograficamente vicine ma diametralmente opposte nelle scelte poste in essere dai rispettivi governi regionali, proprio sul tema delle interpretazioni della legge sull’aborto e, in particolare, sulla questione della pillola RU-486. In Umbria, con apposita delibera regionale, si è deciso di imporre l’obbligo di ricovero alle pazienti che decidano di praticare l’aborto farmacologico, dunque attraverso l’assunzione della pillola RU-486; completamente divergente la posizione della Toscana che, invece, non ritiene affatto indispensabile l’ospedalizzazione della donna. I presupposti sono evidentemente diversi: la governatrice dell’Umbria parla di maggior sicurezza per le donne in termini di salute, la Toscana insiste sulla necessità di diminuire il più possibile l’impatto psicologico che l’interruzione di gravidanza ha sulla donna, effetto ottenibile proprio grazie alla somministrazione della pillola abortiva anche in ambulatorio o nei consultori. Una visione sposata appieno dal dott. Michele marino che cita il virtuoso esempio della Francia o altri Paesi nordeuropei dove, oltre ad essere ormai scontata la possibilità di abortire attraverso la pillola RSU-486 senza bisogno di ricovero, c’è anche più tempo per poterlo fare, quindi non entro la settima settimana come in Italia ma fino alla nona.

La situazione in Molise, come si diceva, non è semplice: attualmente in questa regione accade quello che si sta verificando anche in Umbria, come ha spiegato il dott. Mariano: sussiste l’obbligo di ricovero ma la maggior parte delle pazienti decide di dimettersi volontariamente dopo l’assunzione della prima pillola, per poi tornare 48 ore dopo.

La decisione dell’Umbria ha, come detto, riaperto il dibattito sulla questione e sono in molti a chiedere, fra cui Michele Mariano, la liberalizzazione della RU-486, quindi la possibilità di praticare l’aborto farmacologico non più negli ospedali, ma presso ambulatori e consultori, così come in altri Paesi europei. La legge 194 è, ovviamente, una legge datata che necessita di adeguamenti e i tempi appaiono decisamente maturi per farlo, almeno in base alle dichiarazioni rese dal dott. Mariano: “Bisognerebbe incentivare la somministrazione del farmaco, l’impatto psicologico sulla donna è sensibilmente ridotto, è una pratica meno invasiva rispetto all’aborto chirurgico che comporta l’anestesia generale; la RU-486 potrebbe essere tranquillamente somministrata alla paziente da un’ostetrica non obiettrice di un consultorio, così come avviene in molte altre nazioni, dunque con la garanzia della sicurezza per la salute della donna, grazie all’esperienza già avviata da tempo altrove”.

Il problema è strettamente culturale, come ha sottolineato il ginecologo molisano: “La ristrettezza italiana all’uso della RU-486 è legata alla questione religiosa e, in tal senso, rendere ‘facile’ l’aborto è qualcosa che la Chiesa non vede di buon occhio; è questa la ragione principale, a mio avviso, per cui oggi è così fortemente ostacolato l’aborto farmacologico. Ma le ragioni sono anche altre e io ne sono una dimostrazione vivente. In Molise sono l’unico ginecologo non obiettore; questa è una piccola regione dove tutti si conoscono e dove la politica mette le mani su tutto, anche per ciò che riguarda gli scatti di carriera o l’assegnazione di un incarico: tutto è demandato alla politica e non alle capacità o alla volontà dei professionisti. Se si vuol far carriera non si può essere non obiettore. Io ero il primario di ginecologia ma, in quanto non obiettore, la mia era una posizione scomoda e incompatibile; con un escamotage, sono stato fatto fuori e a dirigere il reparto venne un collega del Gemelli, il tutto avvallato dalla delibera regionale approvata quando a guidare il Molise era Michele Iorio”. 

Il dott. Mariano è attivamente impegnato anche sul piano della prevenzione: “Sto divulgando la cultura della contraccezione, sto parlando spesso con adolescenti e donne più adulte e, devo dire, che i risultati comincio a veedrli, potendo constatare la diminuzione delle IVG. Questo è un dato positivo ma è altrettanto importante sottolineare che questo tipo di lavoro non spetterebbe a me. Pur essendo solo, quindi con un carico di lavoro che potete immaginare, non ho fatto mai mancare il mio sostegno e il mio aiuto alle donne che ne avevano bisogno. Cosa accadrà quando io andrò via, non lo so. La carenza di personale è l’altro grande problema di questa regione e in questo reparto lo tocchiamo con mano quando ci troviamo dinanzi ad aborti più impegnativi, quelli terapeutici, cioè in presenza di gravi malformazioni del feto o condizioni estremamente compromettenti per la salute della paziente”.

“La chiusura mentale l’ho trovata nei colleghi – ha continuato Mariano – e in certa categoria di personale: alcuni, pur di avere un posto di lavoro, hanno in un primo momento dichiarato di essere non obiettori, salvo poi ritrattare in un secondo momento. Trovo questa una grave scorrettezza morale e, a mio avviso, queste persone andrebbero licenziate. Anche io avrei potuto comportarmi così e magari tenermi il posto da primario, ma non l’ho fatto; mi hanno isolato, con garbo e apparente eleganza, perché così si isolano le persone. Io non faccio le IVG per piacere ma perché c’è una legge dello Stato da applicare, anche se andrebbe rivista. Bisognerebbe fare come in Svezia dove i ginecologi non hanno la possibilità di obiettare: devi saper far nascere i bambini, ma devi anche saper praticare una IVG”.

Un altro punto dolente affrontato dal ginecologo molisano è la gestione del sistema sanitario regionale e, nello specifico, l’organizzazione dei consultori; un altro tema scottante e di cui si sta sentendo molto parlare, anche per via della paventata possibilità di depotenziare queste strutture. Mariano non ha peli sulla lingua e con assoluta franchezza, afferma: “I consultori in Molise non funzionano, soprattutto a Campobasso. Avevo proposto di accorpare il consultorio alla mia struttura, senza avere aumenti stipendio ma semplicemente perché ritengo che questi due presidi debbano agire in sinergia; purtroppo non è così e nei consultori molisani non si fa alcuna attività di prevenzione, non si parla dei problemi legati all’IVG, alle malattie sessualmente trasmesse, non si offre supporto psicologico alle pazienti in difficoltà. Sono tutte cose che facciamo qui perché nei consultori non ci sono né medici né ostetriche non obiettori; il risultato è che queste cose le facciamo qui. Il governo regionale deve intervenire con delle linee guida chiare e in grado di risolvere questi problemi; i consultori andrebbero riformati, con personale adeguato. E’ impensabile che a dirigere un consultorio sia un neonatologo o un pediatra. Se le donne molisane hanno visto garantirsi un diritto fino ad oggi, è solo perché ci sono stato io con le mie collaboratrici. La Giunta regionale molisana dovrebbe fare come la Toscana e consentire la somministrazione della pillola RU486 negli ambulatori e nei consultori, precedentemente dotati di personale non obiettore; l’ideale, sarebbe anche estendere la possibilità di somministrare la pillola fino alla nona settimana. Ma la paura di essere additati come il medico che pratica gli aborti e di non riuscire a fare carriera per questa ragione è più forte d’ogni altra cosa ed è il motivo per il quale ci troviamo in questa situazione. Fin quando potrò, continuerò ad esserci per le donne e a lottare per loro”.