di Silvia Valente

Un luogo in divenire, un “nuovo inizio”, lo spazio fisico in cui far convergere i pensieri sospesi di una vita (anzi più): Michelangelo Janigro ci accoglie in quello che, a breve, diventerà il suo laboratorio creativo a Campobasso. Adagiate alle pareti, tele ancora bianche attendono di essere riempite, in alcuni casi, da anni; un’attesa che si fa dolce, la fretta non è contemplata: l’idea è chiara, gelosamente custodita nella memoria, che cede alla seduzione del cambiamento e  si completa, di continuo. Le opere di Janigro vivono spesso lunghe gestazioni, il tempo e le sue dilatazioni sono parte integrante dell’azione creativa e giungere alla sintesi di un’idea è un’operazione che necessita di calma e riflessione.

Rigorosa progettualità e istinto gestuale sono, in definitiva, i due elementi principali che possiamo ricondurre al modus operandi del Maestro Janigro, un sistema che l’artista rivendica con orgoglio, sottolineandone la fatica; uno sforzo tanto intellettuale quanto fisico perché, come afferma lui stesso, dipingere è impegnativo. Ripercorrendo la lunga carriera di Janigro si attraversano vite e periodi apparentemente distanti fra loro, tenuti insieme dal desiderio, dalla lucida volontà di mettere i relazione gli elementi fondanti del mondo emozionale indagato dal pittore; e così, fotografia, musica, pittura e teatro dialogano in chiave sinergica, accompagnando l’artista e il suo pubblico in una visione eterogenea e caotica dello spazio creativo. Elementi che Janigro “prova a mettere insieme sotto una nuova luce”, in quelle sinestesie del pensiero che si traducono, sulla tela, in vere e proprie contaminazioni “oltre lo stile”.

Il mondo di Janigro è affascinante e raffinato, il gesto pittorico è di indiscussa qualità, le quinte del pensiero emergono nella loro straordinaria ricercatezza: l’adoretica, il suo neologismo più illustre, è la chiave ancestrale delle sue “tracce sonore” che, a loro volta, rappresentano l’anticamera delle celebri “cromarmonie”. Le famiglie nucleari, i volti punk e le banconote sono, poi, ulteriori strumenti d’indagine della realtà che attingono con malizia al repertorio formale della pittura figurativa, a servizio di un simbolismo cromatico e di contenuto.

La leggerezza e l’ironia sono il filtro dello sguardo di questo incredibile artista che ama dipingere quanto raccontarsi: la sua vita è colma di vite, la sua pittura è pregna di valori.

Un autentico divertissement, artistico e umano.