di Alessandro Matticola

15 luglio 1989. Di fronte ai leoni di Piazza San Marco viene eretto un palcoscenico in mezzo alla laguna di Venezia. La piazza si riempie già da una settimana prima. Quella sera gli spettatori arrivano anche con dei canotti. È il concerto del secolo: i Pink Floyd, orfani da 9 anni di Roger Waters, suonano a Venezia.

Ma il concerto di fine decennio andrà in scena un anno dopo. Il 22 luglio. Non in Italia, ma a Berlino.

Il 21 luglio 1990, Berlino è la capitale della Repubblica Federale Tedesca neo campione del mondo ad Italia 90. Il muro è crollato il 29 novembre dell’anno prima, lo stato si è riunificato ufficialmente il 1° gennaio. Nella Postdammer Platz viene eretto un palcoscenico di 169 metri. Vengono chiamati gli artisti più in voga del momento. Gli Scorpions, simbolo della riunificazione con “Winds Of Change”, Bryan Adams, Marianne Faithfull, Jerry Hall, Cyndi Lauper, Joni Mitchell, Van Morrison e Sinéad O’Connor tra gli altri.

Roger Waters mette in scena “The Wall” per celebrare la caduta del muro.

È l’opera rock più importante degli ultimi 50 anni e i collegamenti con il Muro di Berlino non sono scontati. Il muro viene eretto nel 1969, il disco viene pubblicato 10 anni dopo ed è il più politico nella storia della band psichedelica britannica.

Lo sguardo sulla vergogna che ha diviso il vecchio continente questa volta non proviene dall’America, ma dalla Gran Bretagna. Da quell’isola che ha dominato i mari e l’Europa per tutto l’ottocento.

The Wall è un concept album che racconta la storia di Pink, cantante fallito che cade in depressione a causa di una società che mette davanti il proprio ego rispetto a ciò che conta davvero, facendo prevalere tutti i suoi mali. Il muro rappresenta le nostre paure, ciò che non riusciamo a superare. Quella cosa grande e sconosciuta che ci intimorisce e ci blocca, lasciandoci nell’ombra come nel mito della caverna di Platone.

Ma il riferimento è molto più diretto di quello che si evince dal disco. Pink è un tedesco come tanti. Uno di quelli che è stato diviso suo malgrado dal muro che divide l’odierna capitale dell’aquila bicipite. La paura è il giogo del bipolarismo che non si riesce a superare in nessun modo. Chi ci prova paga con la morte.

E così si infrangono i sogni, ognuno è “Another brick in the wall” ucciso dalla contrapposizione di due visioni del mondo diametralmente opposte.

L’opera si apre con “In the flesh ?”, “In carne ed ossa ?”. Esiste ancora l’uomo? Oppure siamo automi al servizio dell’ideologia di turno? “If you want to watch out what’s behind these cold eyes, you just have to move your way through this disguise!”, Se vuoi vedere la luce infondo al tunnel, il tunnel lo devi attraversare. E Pink lo attraversa fino alla fine, rimanendovi intrappolato, arrivando alla fine della prima parte dell’opera dove è preso dallo sconforto e saluta tutti, “Goodbye cruel world”.

La seconda parte si apre con un grido di aiuto che arriva dall’altra parte di quel muro. “Hey you, out there in cold, getting lonely, getting old, can you hear me?” C’è qualcuno che chiama chi è dalla parte opposta, chiedendo di non mollare. L’opera si trascina insieme alla depressione del protagonista che verso la fine, nella struggente “Confortably Numb”, cerca di riprendersi, di ritrovare speranza e rialzarsi per poi uscire dal muro.

E’ la storia di tanti di noi, quella raccontata da David Gilmour, Roger Waters, Nick Manson e Richard Wright. Ma è anche la storia che la Germania vive per circa 40 anni e per 20 anni esatti in maniera fisica, col muro che divideva Berlino. Sogni infranti, vite interrotte, famiglie spezzate, di nuovo insieme dopo vent’anni.

La rappresentazione dei mali della società narrati nel disco viene rappresentata da Gerald Scarfe sulla copertina del disco. Mostri demoniaci pronti a divorarci nei nostri peggiori incubi, fiori straziati ed un esercito di martelli che marcia all’infinito.

Alan Parker con l’interpretazione magistrale di Bob Geldof, porterà nel 1983 la storia sul grande schermo e darà vita ai disegni di Scarfe con animazioni che sembrano davvero la rappresentazione di un incubo.

La notte del 21 luglio 1990 non è Roger Waters il primo a salire sul palco, davanti a 350.000 spettatori. Sono i Cancellieri delle rispettive due ex Germanie Manfred Gerlach ed Helmutt Kohl, che danno il benvenuto agli spettatori sotto il cielo della Germania e non più nella Germania Federale o nella Germania Democratica.

Durante lo spettacolo viene eretto un muro lungo tutto il palco, che verrà abbattuto solo alla fine del concerto da tutti gli artisti, improvvisando un bis senza precedenti nella storia della musica dal vivo.

Le luci sul palco sono accese. Sono le 21:00. Due uomini distinti e sorridenti salgono sul palco. La folla li conosce, li acclama a gran voce. Salutano emozionati e prendendosi per mano esclamano “Sehr Gehrte Damen und Herren, wilkommen in Berlin!!