Gli italiani continueranno a lavorare da casa, almeno fino al prossimo 31 dicembre. Lo ha stabilito il Governo apportando alcune modifiche al Decreto Rilancio; in particolare, l’articolo 90 precisa che “per l’intero periodo emergenziale, i datori di lavoro del settore privato dovranno comunicare al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in via telematica, i nominativi dei lavoratori e la data di cessazione della prestazione di lavoro in modalità smart working, ricorrendo alla documentazione disponibile sul sito. Il Decreto prevede, inoltre, che i genitori lavoratori dipendenti del settore privato, con almeno un figlio a carico minore di 14 anni, avranno diritto al lavoro agile a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione e che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito, nei casi di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa, o che non vi sia un genitore non lavoratore. Per i datori di lavoro pubblici e privati, la modalità di lavoro agile potrà essere applicata a ogni rapporto di lavoro subordinato fino alla cessazione dello stato di emergenza”.

Una novità che sembra molto gradita ai lavoratori italiani infatti, stando agli ultimi sondaggi effettuati, oltre la metà degli interessati si è detta favorevole al lavoro agile, giudicato vantaggioso in termini di profitto e di qualità, oltre che compatibile con le esigenze legate alla gestione della vita familiare. La sveglia anticipata, la scelta dell’abbigliamento giusto e i mezzi affollati sono alcune delle cause ostative al ritorno al lavoro pre-Covid, elementi sufficienti a bilanciare l’innegabile mancanza di socialità che, ad ogni modo, è l’unico dato nostalgico evidenziato dai lavoratori.

Ma si va oltre: la nuova affezione per questa tipologia di pratica lavorativa è supportata anche da un’altra notizia; molti intervistati, infatti, sarebbero disponibili anche a cambiare lavoro, pur di conservare la possibilità dello smart working. Una considerazione non indifferente e che ci offre un validissimo strumento interpretativo su questo fenomeno di così stretta attualità.

Ovviamente, sussistono molte difficoltà a riguardo: pubbliche amministrazioni e imprese private dovranno necessariamente rivedere il proprio piano organizzativo, per garantire il mantenimento degli standard qualitativi e rendere questa modalità di lavoro idonea anche per i dipendenti, tenendo in debita considerazione i risvolti sul piano psicologico. Gli italiani si sono ritrovati letteralmente immersi in un contesto lavorativo del tutto nuovo, con difficoltà legate anche all’utilizzo della tecnologia; l’emergenza sanitaria lo imponeva e la capacità adattativa di molti lavoratori è stata messa a dura prova. Nonostante le oggettive difficoltà dettate dall’impreparazione, lo smart working sta diventando (neanche troppo lentamente) una componente strutturale del lavoro italiano e, alla luce dei benefici messi in risalto dagli interessati, con ogni probabilità si dovrà pensare ad una formula efficace ed efficiente, un disegno ragionato e misurato alle nuove esigenze dei lavoratori italiani.