Con “Pandemia”, l’ultima opera pubblica del celebre street artist Blu, a Campobasso si è tornato a parlare di arte urbana e, inevitabilmente, si è tornato a parlare dei “Malatesta”. Un connubio ormai consolidato, un legame che va oltre la semplice associazione di pensieri ma, più realisticamente, un sodalizio emozionale fra persone impegnate seriamente nelle politiche culturali regionali e i propri concittadini. “Draw the Line” – il progetto ideato e curato dai “Malatesta Associati” – è una garanzia per i tanti campobassani che hanno imparato, anche grazie a questo festival, a conoscere e apprezzare l’arte urbana, divenuta patrimonio culturale di un’intera comunità, oltre ogni aspettativa.

Nino e Davide, in rappresentanza della loro associazione, hanno, così, accettato di incontrarci per ripercorrere insieme le tappe del loro progetto, i traguardi raggiunti e quelli ancora da conquistare, gli innegabili problemi e le grandi soddisfazioni che giungono dal piacere della condivisione di ideali comuni. Ciò che ammiriamo sui muri della città è la sintesi di un processo molto articolato che non si conclude con l’opera stessa ma, al contrario, prosegue al di là di essa: un murale è la genesi di un nuovo inizio, cronaca del presente e chiave interpretativa per il futuro, formula di ri-partenza e alternatore di idee.

Superare l’abuso di termini quali riqualificazione e valorizzazione, arredo urbano, decorazione: “Draw the line è il nostro urlo di disperazione in una città e in una regione che esistono e soffrono una classe dirigente vergognosa. E’ un progetto di comunità che vuole lasciare un segno in una città che non vuole cambiare e, forse, non ci vuole neanche provare. Guardare oltre lo steccato ci ha aiutato a capire che dobbiamo prenderci cura di quello che ci sta intorno, le persone e le cose, per ridare un senso a noi stessi come comunità. Vogliamo far rincontrare le persone e riunirle sotto un’unica parola: bellezza”. 

Capire il senso di queste parole è un dovere al quale non possiamo sottrarci.