Tre mesi in più rispetto all’originaria scadenza fissata al 31 luglio: è quanto intende portare a compimento il Governo italiano che in queste ore sta spingendo sul pedale della proroga dello stato di emergenza nel nostro Paese. Una decisione di certo non semplice, per via delle naturali implicazioni che questa scelta porta con sé, come attestano gli scontri verbali fra maggioranza e opposizione che manifestano, evidentemente, visioni del tutto divergenti a riguardo. Non sono passate di certo inosservate le dichiarazioni pubbliche di Matteo Salvini e Giorgia Meloni, profondamente convinti dell’inutilità della proroga poiché, a loro dire, mancherebbero i presupposti necessari: il calo dei contagi e il contenimento della curva epidemiologica non giustificherebbero, per i due leader politici, il prolungamento dello stato di emergenza fino a metà ottobre. Di tutta risposta, il premier Conte insiste nell’affermare che tale scelta sia inevitabile, ragionando sul piano precauzionale, dunque in vista di una possibile nuova ondata il prossimo autunno. Giocare d’anticipo, quindi, consentirebbe, dal punto di vista del Governo, di mettersi al sicuro e di non farci trovare impreparati nella malaugurata ipotesi di un nuovo lockdown.

Proprio pochi minuti fa, il Presidente Giuseppe Conte ha riferito alla Camera le ragioni principali che sono alla base della proposta di proroga, sottolineando in particolare ciò che il Paese rischierebbe di perdere, in termini di servizi offerti, qualora venisse bocciata la proposta : “Ricordo – ha detto Conte – che la dichiarazione dello stato di emergenza è prevista dal codice di Protezione Civile e costituisce il presupposto per affrontare, con efficacia e tempestività, le situazioni emergenziali in atto. Fra i poteri straordinari, quello più intenso è il potere di ordinanza della Protezione Civile che consente di emanare norme in deroga, nei limiti indicati e nel rispetto, sempre e comunque, dei principi generali dell’ordinamento giuridico. Dunque, è facoltà espressamente riconosciuta dalla legge e attivabile anche a distanza di tempo dall’evento emergenziale. Ci sono molteplici precedenti che confermano con quale ordinarietà il Governo abbia prorogato lo stato di emergenza: dal 2014 ad oggi, 154 dichiarazioni con ben 84 delibere di proroga. Se guardiamo all’interesse della comunità, scacciando la tentazione di fare polemica, riusciamo a comprendere quanto sia incongruo sospendere questa condizione in relazione ai procedimenti già attivati. In passato lo stato di emergenza è stato dichiarato in seguito ad alluvioni e terremoti, eventi che, per loro natura, si esauriscono una volta per tutte; in questo caso non è così perché una pandemia è un processo in continua e imprevedibile evoluzione che, ad oggi, non ha ancora esaurito i suoi effetti, per quanto sia contenuto nella sua portata e circoscritto territorialmente. Se decidiamo diversamente, assumendocene la responsabilità, dobbiamo essere consapevoli della portata pratica di tale decisione: avrebbe termine l’effetto delle ordinanze (38 quelle emanate, di cui 4 ancora al vaglio della ragioneria dello Stato), dei provvedimenti attuativi, come l’allestimento e la gestione delle strutture temporanee per l’assistenza dei positivi, l’impiego del volontariato della Protezione Civile, la cessazione delle attività delle task force, dei numeri verdi e finanche il pagamento dilazionato delle pensioni; l’Istituto Superiore di Sanità non sarebbe più incaricato della sorveglianza epidemiologica e perderebbe efficacia anche il noleggio di navi per la sorveglianza sanitaria dei migranti”. 

Questo ciò che l’Italia perderebbe qualora si dovesse bocciare la proposta di proroga dello stato di emergenza. Cosa cambierebbe per i cittadini, invece, nel caso opposto? Come detto, dichiarando lo stato di emergenza, Governo e Protezione Civile hanno poteri straordinari che consentono di intervenire tempestivamente, scavallando il Parlamento e le lungaggini burocratiche; tuttavia, i provvedimenti emanati devono trovare giustificazione e presupposto in materia di salute e sicurezza dei cittadini, quindi devono essere legati a situazioni di oggettiva e comprovata pericolosità. Questa condizione è posta al vaglio e al giudizio del Comitato tecnico scientifico chiamato a collaborare con l’Esecutivo e da ciò dipendono i possibili DPCM e Decreti legge emanati, ad esempio, per limitare gli spostamenti dei cittadini. Con questi strumenti, il Governo potrebbe prorogare anche le misure restrittive, dichiarare le zone rosse e limitare la circolazione, così come avvenuto nei mesi addietro, come anche provvedere all’acquisto di materiali e strumentazioni utili a garantire il distanziamento sociale e la sanificazione in particolari strutture pubbliche, come ad esempio le scuole. Idem per lo smart working, specificando quali lavoratori sarebbero interessati dalla modalità e quali, invece, ne resterebbero esclusi.

Vale la pena sottolineare che la dichiarazione dello stato di emergenza non equivale ad un nuovo lockdown: quest’ultimo, infatti, è da intendersi come un protocollo d’emergenza che impone restrizioni specifiche, dunque non vi è alcun automatismo consequenziale alla dichiarazione stessa dello stato emergenziale.