Ridipingere i muri dell’antico borgo molisano con i colori della speranza, nel tentativo di contrastare lo spopolamento del paese, è l’obiettivo che sta alla base dello ‘CVTà Street Fest’, che nasce a Civitacampomarano nel 2016.

Il paese che ha dato i natali a Vincenzo Cuoco, il borgo del Castello Angioino che domina la vallata dell’intera area, da un giorno all’altro ha visto trasformarsi. I muri hanno iniziato a prendere colore. Artisti da tutto il mondo hanno dato estro alla propria creatività.

Il paese, che fino ad allora era stato decentrato, grazie alla street art si è trovato in una dimensione diversa rispetto a quella che aveva vissuto fino a quel momento, così coma ha spiegato il sindaco, Paolo Manuele.

“Questo festival, quest’arte moderna ha proiettato la nostra comunità in un aspetto di carattere nazionale e internazionale. Anche oggi, nel post lockdown, abbiamo tante presenze. Turisti, giovani e meno giovani, che vengono da fuori regione. La street art ha proiettato questo piccolo angolo del Molise in un contesto anche inaspettato”.

L’approccio però della comunità con l’arte di strada è stata graduale. Nel 2015 la Proloco, con l’allora presidente Ylenia Carelli, in collaborazione con il Comune, ha iniziato a dipingere alcune pareti di immobili comunali in una modalità di carattere locale, per capire quale fosse la reazione della comunità.  Su porte e muri del paese sono state rappresentate scene di vita quotidiana.

“Perché a volte la street art se viene calata dall’alto potrebbe essere non digerita e si potrebbe arrivare a concepirla come un imbrattare i muri. Non volevamo che ci fosse qualcosa di non voluto dalla comunità”.

Da qui poi il contatto con Alice Pasquini, l’ideatrice del Festival. È stata lei a rievocare quelle scene di vita quotidiana in chiave moderna e a suggerire di non limitarsi a un intervento isolato ma di creare un vero e proprio festival. Ed è così che nel 2016 nasce la prima edizione di ‘CVTà Street Fest’.

Street artist da tutto il mondo arrivano così a Civitacampomarano dando vita a opere d’arte che anno dopo anno riempiono le pareti degli edifici del borgo. Si crea un connubio perfetto tra gli stessi artisti e la comunità che è coinvolta a pieno nella manifestazione.

Con entusiasmo e un pizzico di orgoglio il sindaco spiega che c’è la partecipazione della comunità a titolo volontario, dai bambini piccoli, fino ai giovani per passare alle persone più mature fino agli anziani.

“Il festival coinvolge l’intera comunità e ognuno è protagonista a diverso titolo. Dall’organizzazione, alla campagna pubblicitaria, fino al coinvolgimento per i laboratori della pasta fatta in casa o per quelli dell’uncinetto e dei merletti o lo street food”.

Perché il festival infatti non è solo street art, ma si coniuga con una serie di iniziative che fanno da contorno all’arte di strada.

In un contesto moderno si riscopre così il senso di comunità e quello di accoglienza e allo stesso tempo la tradizione, la cultura del luogo e il valore dei piatti tipici. Si tramandano così quelle che sono le tradizioni del borgo che da lì a poco potrebbero scomparire e si fanno scoprire a chi non le immagina assolutamente.

“Tra cinquant’anni la tradizione della pasta fatta in casa potrebbe andare persa, così come anche l’arte dell’uncinetto o del merletto e trasmettere tali tradizioni è una cosa importante. Rappresentano la cultura del nostro territorio. Io credo che mettere all’interno di un festival di una forma d’arte contemporanea, qualcosa del passato servirà da sprono alle future generazioni, ma allo stesso tempo crea interesse in quelle persone che vengono da paesi stranieri e sono incuriositi dalle nostre tradizioni che noi troppo spesso diamo per scontato.

Anche questo poi può diventare un veicolo di promozione turistica e deve essere assolutamente sostenibile. E poiché non possiamo avere un turismo di massa dobbiamo trarre attrattiva da quello che il territorio ci offre”.

Dunque, partire da piccoli laboratori per poi arrivare a far toccare con mano quello che il territorio vive e offre. Dalla raccolta dell’uva, alla mietitura, dalla trebbiatura, fino alla cagliatura del formaggio o alla spremitura delle olive nel frantoio.

Da qui si creerebbe un flusso di turismo che è ossigeno per questi territori come lo è da tre anni per Civitacampomarano che grazie alla street art vede arrivare gente da ogni parte. E per un territorio che è vittima del fenomeno dello spopolamento tutto questo è fondamentale.

“Se dal turismo nasce l’attività che fa micro-ricettività, se – così come è successo a Civitacampomarano – riapre il panificio che fa i prodotti tipici o la macelleria con una filiera di prodotti locali, allora si crea l’occasione per fare economia e si mette in moto un meccanismo di sviluppo. È poi importante incentivare i sevizi senza fare voli pindarici.

Se c’è l’opportunità di avere dei servizi di base il territorio diventa attrattivo perché i residenti non devono spostarsi e chi decide di vivere in un borgo non subisce i disservizi”.

A questo poi si va ad aggiungere anche il discorso della comunicazione digitale e su questo Civitacampomarano è un passo avanti.

“Abbiamo realizzato la banda ultra-larga promossa dalla Regione con il Ministero dello Sviluppo Economico e quest’anno dovrebbe esserci l’avvio del servizio. Una prestazione importante anche per i turisti e per chi decide di lavorare da remoto. Probabilmente anche chi vive in una grande città e per lavorare ha la garanzia di una connessione stabile e veloce potrebbe decidere di trasferirsi e fare una nuova vita. Le tempistiche, però, non devono essere più di attesa ma di concretezza”.

Civitacampomarano, però dal marzo del 2017 è insediato da una frana che ha costretto 24 persone a lasciare la propria abitazione. Uno smottamento che coinvolge parte del paese e del centro storico e un’altra zona collegata ad un allarme per conciliare la presenza delle persone senza evacuarle. Una situazione di disagio, anche psicologico, per la popolazione.

Una frana atipica che deve essere studiata per capire di che tipo di smottamento si tratti e per cui sono stati stanziati 8 milioni 192 mila euro. La Regione Molise, che è soggetto attuatore, dovrebbe affidare le indagini diognostiche per capire la tipologia della frana. Raccogliere i dati per avere per il prossimo anno un progetto. Le tempistiche sembrano essere lunghe ma la speranza del sindaco è che da qui ad un anno si possa iniziare con un intervento.

“Civitacampomarano, proprio in merito alla gestione dell’allerta della frana, è stato un caso nazionale. Il paese poi risulta tra quelli resilienti a livello mondiale in uno studio promosso dalle Nazioni Unite. Ecco a volte anche le situazioni negative possono attivare delle azioni che possono portare dei frutti”.

Il sindaco Manuele infatti ha spiegato che il paese diventerà il luogo di un polo formativo per le attività di Protezione Civile con valenza nazionale.

“Questo porterà persone per motivi di studio e di formazione a venire a Civitacampomarano. Si possono attivare anche attraverso queste cose delle opportunità. Se ci riempiano la bocca del termine resilienza dobbiamo poi anche concretizzarla. Se si fanno convegni e si lanciano gli slogan questi devono trovare attuazione.

L’àncora affettiva verso un territorio può rimanere sempre e appartiene a ciascuno di noi rispetto al proprio paese o luogo di nascita o di residenza però, la concretezza di vivere in un luogo rimane se in quel luogo c’è un’opportunità. Se poi non c’è, di fantasia non si campa e questa opportunità deve essere creata”.

Civitacampomarano dunque è un paese che ha dimostrato di essere combattivo. La notorietà che ha avuto con il suo ‘CVTà Street Fest’, probabilmente gli ha dato una spinta in più per dire “ce la possiamo fare”. Per conservare quella sua autenticità e quel senso di comunità che la popolazione ha dimostrato di avere. E di essere quindi un paese resiliente.