di Alessandro Matticola

Socialista di Dio. È il titolo di un’autobiografia del 1981 di Sergio Zavoli, scomparso mercoledì mattina.

Si perché Zavoli era tanto socialista, quanto credente. E lo ha dimostrato soprattutto negli anni della maturità giornalistica, quando si dedicò a tematiche più profonde rispetto all’attualità.

Zavoli si era avvicinato al giornalismo già durante il ventennio fascista, nel 1947, iniziando in radio. Vi rimarrà fino al 1962, quando approda in Rai grazie a Vittorio Veltroni, padre di Walter, della quale diventerà Presidente dal 1980 al 1986, poi Presidente della Commissione Vigilanza nel 2009

Intimo amico di Federico Fellini, tanto da chiedere di essere sepolto al suo fianco a Rimini, sua città d’adozione, a pochi chilometri dalla sua città natale Ravenna.

Con Bettino Craxi si avvicina in maniera più marcata alla politica ma sarà solo nel 1994 che si candiderà alle elezioni con i Democratici di Sinistra, venendo eletto Senatore nel 2001 e nel 2006.

Il giornalismo con Sergio Zavoli ha assunto un volto diverso. Non è una frase fatta, davvero con Zavoli si iniziano a toccare tematiche nuove in nuovi modi col sapiente uso di un mezzo di cui aveva compreso tutte le potenzialità: la televisione.

Zavoli si dedica allo sport e come tutti coloro che si avviano alla carriera giornalistica sportiva, gli viene affidato il ciclismo. Già qui inizia a mettere la sua firma: è lui che crea il Processo Alla Tappa, che gli amanti delle due ruote a pedali aspettano ancora oggi con tanta devozione quanto quella dedicata alla tappa stessa.

Ma Zavoli non ama restare in superficie. Ama invece scavare a fondo, soprattutto dove nessuno vede.

È il 1958 e Sergio Zavoli è il primo giornalista ad entrare in un convento di Clausura, a raccontare la vita segreta di un monastero dove chi vi entra non ne uscirà più. È il segno di una sensibilità diversa dal solito e dagli altri. La tematica verrà ripresa di nuovo nel 1988 con un’altra intervista ad una suora di clausura, usando come mezzo la televisione e non la radio questa volta.

Oppure il reportage nel palazzo reale di Cnosso registrato in notturna, in quello che è il luogo della nascita del mito di Arianna e Teseo, raccontato in un modo singolare, mai scontato.

Il socialismo di Dio lo si vede in questi reportage. Su tutti, la serie “Viaggio intorno all’Uomo” un saggio diventato poi un programma tv nel 1987, un ciclo dedicato a tematiche relative alle fasi della vita dell’essere umano, accompagnato da una serie di film a cui seguivano dei dibattiti. Prima incentrato sull’uomo in generale, più specifico sull’età adulta, poi una seconda serie per i giovani.

In quell’occasione, era il 1991, Zavoli si ritenne soddisfatto del risultato ottenuto, affermando in sintesi che se si puntava ad un servizio pubblico di qualità, un servizio pubblico che si può definire tale, c’è solo da guadagnarci e soprattutto si possono vedere aspetti nascosti, come quelli relativi ai giovani: non l’ascolto per l’ascolto ma incidere sulla realtà, come aveva affermato anche lui.

E poi “La Notte Della Repubblica”. Zavoli non è solo un sentimentale, amava anche guardare nel nero, nel buio, nella notte appunto. E nella notte raccontò le pagine del terrorismo tra gli anni 60 e gli anni 80 intervistandone i protagonisti, coloro che si erano sporcati le mani.

E ancora il Viaggio Nel Sud, Il Diario di un Cronista, la Nascita di una Dittatura

Zavoli aveva compreso la potenza della televisione, la potenza che può avere un’immagine in movimento rispetto ad un’istantanea. La potenza di un racconto in diretta rispetto alla carta stampata, di cui aveva avuto esperienza anche come direttore de “Il Mattino” di Napoli. La potenza di far vedere i protagonisti in carne ed ossa, veri, vivi, parlanti e non in differita, stampati.

E poi l’attività letteraria come poeta. Un’attività molto discussa la sua, iniziata quando era già parlamentare, in quanto non la si vedeva come un’attività poetica vera e propria ma come un ripiego da parte di una persona che, avendo già tutto, doveva avere qualcos’altro ancora.

Era il Sergio Zavoli uomo a parlare, il Socialista di Dio che ha svestito gli abiti del giornalista d’inchiesta per indossare la vestaglia da sera e le pantofole, per lasciarsi andare alle proprie emozioni.

Sergio Zavoli è stato un uomo potente, perché aveva compreso l’importanza del suo lavoro e del mezzo di comunicazione che utilizzava. E la televisione di oggi da lui e da quel tipo di giornalismo, ha tutto da imparare.