In questa settimana a Campobasso si stanno svolgendo le visite mediche per il rinnovo delle patenti di categoria speciale, vale a dire quelle riservate alle persone con disabilità; per ottenere il rilascio del documento, l’utente è tenuto a sottoporsi ad una visita di idoneità presso la Commissione Medica Locale preposta a tale accertamento.

E dunque, nei locali dell’Asrem di Piazza della Repubblica a Campobasso, a partire da lunedì scorso, gli automobilisti molisani interessati al rinnovo delle proprie patenti sono stati convocati dalla struttura per sottoporsi alle visite mediche. Siamo qui a riferire, purtroppo, un episodio assai increscioso anzi, per meglio dire, una serie di eventi che sembrano qualificare intelligibilmente una prassi consolidata, un modus operandi inappropriato e inqualificabile.

Ma veniamo al sodo e precisiamo fin da subito che queste parole sono il frutto di un confronto diretto con alcuni dei protagonisti di questi avvenimenti che ormai da una settimana si susseguono con sistematica quotidianità.

Come anticipato, gli automobilisti con disabilità interessati al rinnovo della propria patente devono sottoporsi a visita medica eseguita da apposita Commissione, dunque gli utenti vengono convocati dalla struttura che fissa l’appuntamento; il periodo non è certo dei migliori e, com’è noto, si è resa indispensabile una riprogrammazione delle attività ambulatoriali, al fine di evitare assembramenti. Bene, in linea con questo imprescindibile principio, le convocazioni per il rinnovo delle patenti speciali a Campobasso sono così strutturate: 12 persone circa ogni mezz’ora, sul totale delle ore di apertura al pubblico. Così come organizzato il lavoro, appare lampante una prima considerazione: quanto tempo impiega la Commissione Medica a praticare una visita per il rinnovo di una patente speciale? La matematica ci viene in aiuto: 2,5 minuti. Chiaramente, non si dispone di alcuna specifica competenza sul tema e, ben lontani dalla volontà di esprimere giudizio sulla qualità delle prestazioni fornite, ci limitiamo ad ipotizzare la sussistenza di concreti impedimenti circa la possibilità di completare nel tempo stabilito tutte le visite mediche prefissate. 2,5 minuti da suddividere – sempre ipotizzando – in questo modo: convocazione del paziente in sala d’attesa, raggiungimento della sala visite, saluti e rilascio generalità, visita medica, redazione del verbale, saluti e nuova convocazione. Così, con questo ritmo sostenuto, di mezz’ora in mezz’ora.

Bene, anzi male. Se non malissimo perché, superata la facile ironia, subentra l’indignazione dinanzi all’evidenza di un fatto: dato per scontato che 12 visite mediche in mezz’ora non sono oggettivamente realizzabili – a meno che (ma non vogliamo né pensarlo, né suggerirlo) il tutto si riduca a mera formalità – com’è possibile evitare assembramenti in sala di attesa dovuti agli inevitabili accavallamenti delle convocazioni? E infatti, di assembramenti nei locali di Piazza della Repubblica ce ne sono stati, al punto tale da dover richiedere l’intervento dei vigili urbani nella giornata del 3 agosto scorso.

L’interrogativo, anche in questo caso, è assai semplice: perché mai convocare 12 persone ogni mezz’ora? Perché non strutturare un programma coerente considerando, oltretutto, il target dell’utenza di riferimento? La sala d’attesa è dotata di diversi posti a sedere ma, causa Covid e distanziamento sociale, non tutti possono essere occupati; pochi quelli disponibili, 12 le persone con disabilità che ogni 30 minuti fanno ingresso nell’edificio perché convocate in base ad una programmazione. E’ increscioso doverlo sottolineare ma, a quanto pare, non bisogna lasciare nulla al caso e ogni osservazione appare utile: gli automobilisti che chiedono il rinnovo della patente speciale sono persone con disabilità, quindi in una sala d’attesa si contempleranno stampelle, carrozzine, bastoni e via discorrendo. Dobbiamo sottolineare l’evidenza? Lo facciamo: persone fragili e bisognose di accoglienza particolare vengono costrette ad un’attesa estenuante – prevedibile ed evitabile – e alcune di loro, per  non affollare l’ambiente chiuso, affinano l’agonia sui muretti antistanti l’edificio, accarezzati dai raggi del sole d’agosto. Potremmo parlare di un anziano signore letteralmente abbandonato a se stesso, ma non lo faremo, solo ed esclusivamente per il rispetto che, almeno in questo contesto, pensiamo debba meritare.

Ma non c’è limite al peggio e, con rinnovato sconforto, riportiamo anche quanto segue. Perché l’Italia è un Paese curiosamente folkloristico e, dunque, possiamo farci mancare l’impiegato “fantozziano” infastidito dalle lamentela dell’utenza? No, non possiamo. Perché non replicare alla supplica di un accompagnatore – che cerca di comprendere le ragioni di una simile organizzazione del lavoro – con un altisonante: “Se sono qui per rinnovare la patente, allora possono fare anche una fila!”?

Ci riserviamo, almeno qui, la facoltà di non commentare.

Non è brama di polemica ma desiderio di chiarezza e necessità di risposte, considerando che questo modus operandi si replica, quotidianamente, da ormai una settimana. Le nuove misure organizzative imposte dal Covid non sono di certo discrezionali e immaginare di non riuscire a programmare in modo adeguato le visite per il rinnovo delle patenti speciali la dice lunga non solo sulle capacità amministrative di una struttura ma, ancor più, sulla volontà di applicare e rispettare le imposizioni di legge. Il tutto, a scapito di una fascia di popolazione debole.

Chiederemo lumi a riguardo, annunciando l’interesse a rigettare ogni forma di giustificazione tesa a sminuire le testimonianze raccolte. Le scuse, sì, quelle saranno bene accette oltre, ovviamente, all’impegno formale di una correzione delle procedure vigenti.