Si sta parlando molto del discorso che Mario Draghi, ex Presidente della BCE, ha tenuto ieri in apertura del meeting di CL a Rimini; un’analisi lucida su quello che è il grande problema dell’Italia, la crisi economica, sulle cause che hanno condotto il Paese a vivere questo dramma e, dunque, sulle possibili soluzioni da adottare per uscire definitivamente da una condizione che sembra non lasciare via di scampo ai milioni di cittadini vessati dall’incubo della disoccupazione e da un rischio povertà sempre più imminente.

Puntare sui giovani è, a detta di Draghi, la strada maestra che ci guiderà verso l’uscita del tunnel: una frase che in questi anni si è sciorinata a più riprese ma i tentativi di dare attuazione al verbo, semmai ce ne fossero stati, appaiono del tutto inadeguati alla risoluzione di quello che, innegabilmente, rappresenta il grande problema di questo Paese.

Un discorso, si diceva, particolarmente apprezzato ma, soprattutto, ampiamente commentato da molti personaggi del mondo politico, economico e sociale; fra questi, è emerso il commento del leader di Azione, Carlo Calenda che ha inteso offrire il suo punto di vista sul tema attraverso un video pubblicato sui social. Partendo dall’analisi del discorso tenuto dall’ex Presidente della BCE, Calenda ha illustrato i tre punti d’indirizzo del partito, vale a dire gli obiettivi che si intendono perseguire.

“Mario Draghi ha fatto un discorso molto importante – ha esordito il numero uno di Azione – perché mette al centro il problema dell’Italia: il capitale umano. Nelle economie sviluppate non ci sono scorciatoie, la crescita avviene attraverso l’investimento sul capitale umano, quindi sulle competenze, sui beni materiali e immateriali, sulla crescita della produttività e dei redditi, oltre che della domanda interna. Questo è un circolo virtuoso che funziona dappertutto e che non funziona in Italia perché la dotazione di capitale umano è bassissima”.

E dunque, numeri alla mano, Calenda ha evidenziato alcune delle più profonde lacune nel nostro Paese: “Abbiamo il il 40% dei ragazzi che esce dalla scuola secondaria con competenze fragili, il doppio della media europea. Abbiamo il 50% dei ragazzi che non legge un libro in un anno, di cui il 70% nel Mezzogiorno; abbiamo un altissimo livello di analfabetismo funzionale, cioè cittadini che non conoscono il funzionamento delle istituzioni e quindi hanno difficoltà a esprimere un voto fondato, ad esempio, sul riconoscimento delle responsabilità. A livello europeo questo è ancor più complicato. Il capitale umano è l’insieme delle dotazioni, delle culture, delle competenze e conoscenze che una nazione ha e noi siamo messi malissimo e da lì bisogna ripartire”.

Il leader di Azione ha proseguito la sua analisi toccando un altro punto argomentato dall’ex Presidente della BCE: “C’è un’altra cosa molto importante nel discorso di Draghi che spiega come la strada per la crescita sia articolata; non c’è una “pallottola d’argento” che risolve i problemi: il reddito di cittadinanza che abolisce la povertà, quota 100 che rilancia l’occupazione o la flat tax che crea sviluppo e ricchezza”. Per Calenda, dunque, non esiste un unico elemento in grado di risolvere il problema della crescita in Italia ma, più verosimilmente, un insieme di cose che, in ogni caso, non sono quelle immaginate dalla Politica fino a questo momento e che “un Paese indebitato deve fare molto bene perché non ha possibilità di sprecare”.

E dunque, una visione della Politica come arte di governo. “Noi siamo abituati a pensare alla politica come ad un conflitto ideologico e se guardiamo ciò che è successo negli ultimi giorni con l’alleanza Pd-5 Stelle e con l’alleanza, oggi siglata definitivamente e definita “anti-inciucio”, tra Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega, notiamo che si sono costruiti due poli contro, la cui ragione di esistenza risiede nella frase: “se vincono gli altri è una tragedia”. Questa cosa fa scomparire un’idea della politica “per”. Qual è il piano per l’Italia? Qual è l’idea di Italia? Tutti i tentativi che sono stati fatti – pensiamo agli Stati Generali – si sono dissolti nel nulla perché non c’è coerenza degli schieramenti”.

Cosa intende fare, dunque, Azione?

“Se c’è una cosa che Azione vuole fare è raccogliere questi tre punti: la politica come arte di governo e non come conflitto ideologico (pragmatismo nella politica); il capitale umano al centro come motore di sviluppo del Paese e come antidoto alla caduta della democrazia, alla non consapevolezza, alla non attività del cittadino; un modo di fare politica che racconti la verità, uscendo dalla dimensione adolescenziale che obbliga un avversario a non riconoscere l’efficacia di un provvedimento. Tutto questo – conclude il leader di Azione –  va a comporre un nuovo modo di fare politica in grado di rappresentare l’Italia che lavora, produce, studia e fatica. Se devo dare un volto a ciò, penso ai 9 mila laureati in medicina a cui non stiamo dando le borse di specializzazione e che finiranno per andare fuori dall’Italia. Penso che Azione, oggi, sia il luogo dove questo si può fare, fuori da quei due schieramenti che si presentano uno contro l’altro. A noi piace fare la politica “per”, piuttosto banale negli altri Paesi, piuttosto inusuale in Italia”.