di Francesca D’Anversa

Ieri sera nella splendida cornice della Cala Sveva a Termoli, Water Veltroni è stato ospite della serata organizzata dall’Associazione Soprale Righe nell’ambito del Festival “Adriatica 2020”.

Nel libro ‘Odiare l’odio’ si compie un viaggio dell’odio, che va dagli anni del fascismo passando per gli anni di piombo fino ai giorni nostri nei quali si intrecciano le vicende personali dell’autore.

L’intento dell’autore non è né quello di assumere un tono predicatorio, né di piombare nella nostalgia dei tempi lontani ripercorrendo le atrocità vissute nel ‘900.

Veltroni indaga sui motivi che hanno spinto la nostra società odierna a essere intrisa d’odio sotto ogni forma esso si manifesti e cosa può accadere se questo sentimento prenda il sopravvento nelle nostre vite.

“L’odio è un sentimento diffuso, basti pensare al recente fatto di cronaca di Colleferro: l’odio è la forma più insopportabile di arroganza: la nostra religione, il nostro modo di pensare, il colore della pelle viene considerata come unica e legittima ad esistere, bisogna capire che l’altro è la meraviglia della vita. La contaminazione tra pensieri differenti rende il pensiero stesso libero e depurato dall’odio”. Con queste parole Veltroni ha esordito per spiegare il titolo del suo libro.

Nelle pagine del libro l’autore analizza come sia paradossale che un sentimento così negativo sia stato alimentato da una delle più belle facoltà umane: l’uso della parola.
“Le parole sono importanti, bisogna saperle scegliere ponderarle, perché le parole cariche d’odio si trasformano in atti di violenza: così fu per la persecuzione ebraica, si cominciò con le parole e poi si finì ad Auschwitz”.

“L’odio corre veloce e oggi trova la sua dimensione nell’anonimato dei social che sembrano una stanza chiusa più che una rete”, Veltroni porta l’esempio delle parole d’odio comparse sui profili social della giornalista Nadia Toffa morta lo scorso anno ma afferma che quelle persone non rappresentano la maggioranza degli italiani bensì solo una minoranza.

“Il problema che l’odio non è un virus ma una malattia sociale e si diffonde più facilmente quando le società sono in crisi: dal 2008 ad oggi con una pandemia in corso, l’Italia non viveva una crisi economica sociale cosi grande dal dopoguerra” .

Una domanda sorge spontanea ascoltando le parole di Veltroni e leggendo il libro: qual è l’antidoto per arginare l’odio e contrastarlo?

“Sembra un paradosso ma l’unico vaccino contro l’odio è il conflitto, attraverso la rabbia delle persone, la quale si deve incanalare nel conflitto che è uno strumento collettivo sano di ogni democrazia: non dimentichiamo che la democrazia è un’eccezione della storia umana conquistata con forza, passando anche attraverso i campi di concentramento”.

Veltroni conclude con parole che ognuno di noi dovrebbe fare proprie, “se noi che odiamo l’odio troveremo le parole giuste, allora la libertà avrà un futuro. E nel futuro ci sarà libertà”.