di Antonio Di Monaco

L’Italia prosegue la marcia di avvicinamento all’economia circolare. Il nostro Paese ha recepito tre delle quattro direttive europee del “Pacchetto Economia circolare”, approvate a maggio 2018: si va dalla responsabilità estesa del produttore nella gestione della fase post-consumo (dovrà coprire almeno l’80% dei costi complessivi,in particolare la raccolta differenziata e il relativo trasporto, mentre per i rifiuti da imballaggio, i consorzi afferenti al Conai saranno obbligati a coprire il 100% dei “costi efficienti” di gestione, di cui l’80% in deroga, entro il 2024) al Programma nazionale di gestione dei rifiuti, che potrebbe aprire le porte alla realizzazione di nuovi impianti su cui restano vigili le associazioni ambientaliste. Il 26 settembre è entrato in vigore il decreto legislativo 116 con il quale si dà attuazione alle direttive 851 e 852 sui rifiuti e sugli imballaggi e rifiuti di imballaggio, introducendo alcune significative modifiche al Testo unico ambientale del 2006. Cambia la definizione di rifiuto urbano, che include anche rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti e che sono simili per natura e composizione a quelli domestici. Dal 2023 sarà obbligatoria la raccolta differenziata dei rifiuti organici. Il riciclo dei rifiuti urbani dovrà raggiungere la quota del 55% entro il 2025, del 60% entro il 2030 e del 65% nel 2035, mentre il tasso di riciclo dei rifiuti da imballaggio dovrà arrivare al 65% entro il 2025 e al 70% entro il 2030, con obiettivi differenziati per i singoli materiali. Il decreto prevede, inoltre, la riduzione del conferimento dei rifiuti in discarica, che nel 2035 dovrà scendere sotto il 10%. Viene inoltre riscritta la disciplina della tracciabilità dei rifiuti, spianando la strada al nuovo Registro elettronico nazionale, che prenderà il posto del Sistri, abolito nel 2018.

Rispetto al passato, una delle novità più significative è l’istituzione obbligatoria di regimi di Responsabilità estesa dei produttori di beni di consumo (Epr). Vi rientrerà qualsiasi persona fisica o giuridica che professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, tratti, venda o importi prodotti. Il decreto semplifica le procedure per l’istituzione dei nuovi sistemi Epr, anche su istanza di parte, attraverso uno o più decreti dei ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico. Sono previsti i requisiti minimi nazionali, tra cui definizione di ruoli e responsabilità degli attori coinvolti, gerarchia dei rifiuti e gestione, comunicazione e informazione, adempimento degli oneri amministrativi, mezzi finanziari e autosorveglianza. Il decreto 116 prevede anche l’adozione di un Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti per la promozione di modelli di produzione e consumo sostenibili. 

In tutto questo alternarsi di conquiste e perplessità, bisognerà capire quali sono gli impianti che servono effettivamente. Se il decreto apre la strada a discariche e inceneritori, allora si rischia di tornare alla guerra scatenata dalla centralizzazione prevista dall’articolo 35 dello Sblocca Italia che, fortunatamente, ha prodotto zero impianti ma che, sulla carta, apriva la strada a nuovi inceneritori al Centro e al Sud prevedendo l’autorizzazione di 12 nuovi impianti (poi 8) di recupero energetico da rifiuti in dieci regioni. È evidente, dunque, che sul Programma Nazionale per la gestione dei rifiuti il dibattito sarà molto acceso.