di Alessandro Matticola

 

Sta bene, ha sintomi leggeri ed è stato ricoverato in ospedale in via precauzionale.

Donald Trump ha scoperto che non serve iniettarsi la candeggina nel braccio per sconfiggere il coronavirus, ora che in battaglia c’è anche lui insieme alla moglie.

E il tutto non poteva succedere in un momento peggiore, ad un mese dalle elezioni presidenziali dove è in corsa per il secondo mandato consecutivo.

Lo sfidante Joe Biden è risultato negativo al tampone e continuerà la campagna elettorale come previsto, senza variazioni di percorso. Stessa cosa per Chris Wallace, giornalista di Fox News, che ha moderato il dibattito lo scorso 29 settembre.

La domanda sorge spontanea: cosa succede se le cose si mettono male per il Presidente? E cosa succede adesso che si è in piena campagna elettorale e che Trump è ancora in carica?

Andiamo per ordine.

La campagna elettorale, come si può prevedere, continuerà con toni di gran lunga minori. Non ci saranno incontri pubblici, non ci saranno nuovi scontri in tv anche perché quello di mercoledì non è stato certo un dibattito. E così si andrà avanti fino al 1° novembre, giorno di chiusura della campagna elettorale, mentre le elezioni come previsto dalla Costituzione americana, si terranno il giorno 3.

Nel caso in cui il presidente non potrà proseguire il suo mandato per motivi di salute, la palla passa al vice presidente Mike Pence. Il 25° emendamento della Costituzione, consente al presidente di cedere temporaneamente i propri poteri al suo vice con una dichiarazione scritta, ovviamente motivata. È già successo in passato. Ronald Regan il 13 luglio del 1985 subì un’operazione per asportare un tumore, il suo vice era George H. W. Bush, padre di George W. eletto nel 2000, che diventerà suo successore nel 1989 e che provò l’ebrezza di essere il capo dello studio ovale proprio durante la convalescenza di Regan. E successe ancora proprio a Bush figlio per ben due volte, in cui si dovette sottoporre a delle colonscopie in anestesia totale.

Ma la domanda che tutti si fanno è se, facendo i dovuti scongiuri, le cose vanno per il peggio. In quel caso, sempre secondo il 25° emendamento della Costituzione, il mandato passa nelle mani del vice presidente che però assume una posizione attendista, in attesa dell’elezione del nuovo presidente che deve avvenire nella prima data utile, ossia il 3 novembre, giorno delle elezioni in America. In altre parole, il vice presidente resta in carica solo per ordinaria amministrazione, ma non ha poteri tali da modificare le decisioni del suo predecessore. Tutti penseranno alla vicenda di John F. Kennedy, il cui vice era il presidente Johnson, poi confermato alle elezioni del 1963, ma non è stato l’unico. È capitato durante la presidenza di Franklin Roosvelt, quella più lunga della storia americana, al presidente Abraham Lincoln e ai meno noti ma non meno importanti presidenti Harding, Taylor, Garfield ed Harrison che morì un mese dopo il suo insediamento. O ancora, non per cause estreme, a Richard Nixon dopo le sue dimissioni.

Il problema più grande si presenterebbe proprio per le elezioni ormai imminenti. Perché non ci sarebbe il tempo necessario per sostituire il candidato presidente. Le schede sono già state stampate e il voto a domicilio è già iniziato, quello che Trump ha messo fortemente in discussione da portarlo all’affermazione altrettanto discutibile durante il confronto con Biden mercoledì scorso, secondo cui non è detto che accetti il voto delle urne. Il comitato del partito repubblicano si riunirebbe per nominare il nuovo candidato. In caso di vittoria di un candidato che nel frattempo muore, la proposta di sostituire il vincitore con il nuovo designato potrebbe essere presa dal congresso solo il 3 dicembre, primo giorno in cui si riunisce il Parlamento americano che accetta l’elezione del presidente. Ammesso e non concesso che ci sia un nome di riserva univoco, altrimenti la scelta ricadrebbe sul Parlamento che eleggerebbe presidente tra i 3 candidati più votati alle elezioni.

Ma si tratta di discorsi per assurdo e la speranza – è scontato sottolinearlo – è che restino tali.

Molto più probabile è che Trump possa decidere, lasciando il testimone a Mike Pence, di prendersi una pausa in questo ultimo mese di governo dell’“America First”.