Con l’arrivo dell’estate era scontato che il virus si spostasse verso il Sud. E quel che si ipotizzava è stato nelle ultime settimane realtà. Nelle sette regioni del Mezzogiorno dai 16.491 casi registrati al 31 luglio si è passati ai 38.139 attuali. Cioè in appena due mesi si è finiti dal 6,6 all’11,7% del totale nazionale. La Lombardia, nello stesso periodo, è scesa dal 39 al 33,2%. Nel dettaglio, il totale dei casi è addirittura triplicato negli ultimi due mesi rispetto al periodo precedente in Campania (da 4.999 a 14.337) e Sardegna (da 1.404 a 4.229), è più che raddoppiato in Basilicata (da 452 a 920) e Sicilia (da 3.288 a 7.681), è quasi raddoppiato in Calabria (da 1.266 a 2.063) e Puglia (da 4.611 a 8.234). Questi sono i numeri elaborati dall’ufficio comunicazione dell’Unsic, sindacato datoriale ramificato in tutta Italia.

“Il Covid ha ripreso la sua corsa, i numeri dei contagiati sono in crescita da nove settimane – spiega Domenico Mamone, presidente del sindacato e autore di un libro sul coronavirus di prossima uscita, scritto con Giampiero Castellotti. La novità più evidente di questa fase è il rovesciamento geografico: se prima dell’estate quasi la metà dei casi apparteneva alla Lombardia e l’infezione era concentrata nel Settentrione, oggi preoccupa l’evoluzione nel Mezzogiorno, dove, tra l’altro, la condizione ospedaliera non è paragonabile con quella lombarda o veneta. L’attendismo è deleterio: occorre subito mettere in campo proposte, viste le previsioni non allettanti”.

Mamone punta l’attenzione, in particolare, sui numeri crescenti che arrivano dalle scuole. I numeri vedono in Campania passare da 4.999 a 14.337, Sardegna da 1.404 a 4.229, è più che raddoppiato in Basilicata da 452 a 920 e Sicilia da 3.288 a 7.681, è quasi raddoppiato in Calabria da 1.266 a 2.063 e Puglia da 4.611 a 8.234. E in Molise l’incremento negli ultimi due mesi è stato del 43%. Si è passati da 471 contagiati complessivi al 31 luglio a 675 del 4 ottobre, incremento di 204 unità.

Il presidente dell’Unsic ha ricordato che un nuovo lockdown sarebbe funesto per l’economia e richiamando il difficile equilibrio tra salvaguardia della salute pubblica e tutela economica, propone interventi per rafforzare la digitalizzazione, specie nel Mezzogiorno. E il conseguente contenimento di spostamenti e contatti diretti.

“Anziché investire nei banchetti, sarebbe più utile migliorare e incrementare la didattica a distanza, almeno nelle scuole superiori, per ridurre trasbordi sui mezzi pubblici e assembramenti. Si garantirebbe così la continuità scolastica, lasciando eventualmente in presenza a scuola le interrogazioni per evitare copiature agevolate dal digitale. Certo, la presenza è importante, ma il problema è che stiamo vivendo una fase emergenziale e non la normalità: arrivare al punto di dover chiudere anche piccole aree equivarrebbe a nuovi ingenti danni economici – conclude Mamone. Preservare maggiormente studenti, professori e personale ausiliario – circa dieci milioni di persone in totale – tutelerebbe maggiormente genitori e nonni a causa dei possibili contagi familiari, prima modalità d’infezione”.