Una riforma quella della medicina territoriale attesa da anni ma molto difficile. Prova ne è, come ammesso dal Direttore generale delle Professioni sanitarie, Rossana Ugenti, la Legge Balduzzi del 2012 (che ha introdotto le Aft e le Uccp) di fatto ad oggi non ha trovato pieno compimento. E il Molise questo lo sa molto bene della grande opera incompiuta sul versante sanità.

Il Recovery Fund rappresenta una occasione unica per individuare un modello e attuarlo avendo le risorse finanziarie. L’obiettivo è la presa in carico della persona. Ciò significa individuare modelli di stratificazione della popolazione per la presa in carico non solo del paziente cronico ma anche della persona da mantenere in salute. Un obiettivo ambizioso.

Uno dei caposaldi è quello delle Case della Comunità (quelle che in parte erano le Case della Salute previste dalla Balduzzi).

Il modello organizzativo pensate per le Case di Comunità è di due tipi:

1. con bacino di utenza riferito a 10.000 abitanti con il ruolo di Spoke per le aree a bassa densità abitativa e le seguenti funzioni di base che comprendono: medicina generale e pediatri di libera scelta, assistenza specialistica ambulatoriale, ambulatorio infermieristico, attività di diagnostica strumentale di I livello, area dell’accoglienza, sportello CUP, punto unico d’accesso, area della sorveglianza temporanea, area dei servizi sociali.

2. con bacino di utenza riferito a 15.000 abitanti con il ruolo di Hub per le aree a maggiore densità abitativa, a cui, oltre ai servizi di base sopracitati, si aggiungono: assistenza ambulatoriale complessa, ambulatori in connessione alla rete della terapia del dolore e cure palliative. Nelle citate strutture dovranno essere diffusi sistemi di sanità digitale permettendo di governare il percorso clinico dell’assistito, coordinando e mettendole in connessione le diverse strutture e figure professionali. Tale previsione ha lo scopo di migliorare la presa in carico del paziente, l’appropriatezza delle prestazioni e la personalizzazione della cura. Le tecnologie digitali, infatti, realizzano ecosistemi integrati che gestiscono con certezza e rigore il governo centrale dei dati e con altrettanta efficacia il monitoraggio degli assistiti più fragili.

Il Piano però – e iniziano così le prime criticità – ha già però visto la contrarietà dei medici di famiglia su cui non si è ancora sciolto il nodo principale: dovranno continuare in rapporto libero professionale regolato da convenzione o dovranno diventare a tutti gli effetti dipendenti del Ssn. Il dibattito è vivo più che mai e il tempo è tiranno.