L’emergenza COVID sta evidenziando la notevole fragilità della medicina territoriale. Proprio in questo momento di pandemia occorre una medicina territoriale capace di dare risposte senza la necessità di ricorrere alle strutture ospedaliere. Se è vero che il 97% dei pazienti positivi risulta essere asintomatica o paucisintomatica, una buona medicina territoriale eviterebbe l’intasamento delle strutture ospedaliere.

Ecco cosa occorre.

Organizzare subito squadre  Sanitarie efficienti che valutino e monitorizzino sul territorio questi pazienti. Fornirle di una diagnostica per immagini e laboratoristica differente da quella delle strutture ospedaliere ed in grado di permettere di fare diagnosi e monitorizzare a domicilio l’evoluzione dei quadri clinici. Queste unità dovrebbero essere in stretto contatto con gli specialisti di malattie infettive per i protocolli terapeutici che sembrano modificarsi rapidamente nel tempo in assenza di chiari farmaci antivirali efficaci;

Rinforzare le strutture dei Pronto Soccorsi. Attualmente ci sono enormi difficoltà di gestione per la carenza di capitale umano e, vista l’età media dei dirigenti medici, c’è un reale rischio di chiusura di queste strutture.In periodo covid i Pronto Soccorsi devono evitare che si inquinino gli ospedali e nello stesso tempo devono continuare a dare le risposte per l’emergenza- urgenza per tutte le altre patologie del territorio. Un buon funzionamento dei Pronto Soccorsi permette agli ospedali di continuare a trattare le patologie abituali del territorio e evita di dover bloccare l’assistenza per tutte le altre patologie come è successo nella prima fase della pandemia.;

Dedicare  una struttura ai pazienti pazienti covid 19 positivi differente da quella degli ospedali attuali. Il recupero della struttura di Larino, permetterebbe di ottenere in tempi brevi questo risultato. Oltre al trattamento degli acuti covid potrebbe prevedere ambienti per eventuali quarantene che non possano essere gestite a domicilio e la riabilitazione dei pazienti in fase post acuzie.                                                                  

Per ciò che attiene al personale si potrebbe ipotizzare, in rapporto alle diverse fasi della pandemia, il trasferimento periodico dagli altri ospedali, di personale medico, infermieristico ed ausiliare in modo da dare supporto a quello presente nella struttura di Larino.

Il problema più grande è rappresentato sicuramente dalla carenza di capitale umano. In assenza di una svolta decisiva con un ripristino e rafforzamento degli organici, né la medicina territoriale, né la medicina ospedaliera potrà riacquistare efficienza e qualità.

Se davvero si vuole rispondere in maniera efficace a questa pandemia ed alle probabili pandemie future, si devono attuare queste linee di intervento.