Essere curati in Svizzera da oggi sarà una decisione a discrezione dei medici. Questa la decisione dopo l’aumentare vertiginosamente dei contagi da coronavirus. E così la Svizzera sta per essere travolta dal picco della pandemia corre con questa decisione ai ripari. Il documento elaborato dall’Accademia Svizzera delle Scienze Mediche e dalla Società Svizzera di Medicina Intensiva è, in realtà, in vigore dal 20 marzo, anche se ufficialmente non era stato ancora adottato.

Cosa si legge nel documento? A pagina 5 sono indicate le tipologie di pazienti destinati a non essere ricoverati in Terapia Intensiva: “Età superiore a 85 anni. Età superiore a 75 anni accompagnata da almeno uno dei seguenti criteri: cirrosi epatica, insufficienza renale cronica stadio III, insufficienza cardiaca di classe NYHA superiore a 1 e sopravvivenza stimata a meno di 24 mesi. A livello A, letti in Terapia Intensiva disponibili ma risorse limitate, i criteri per non essere ammessi alla rianimazione sono più gravi. Tra gli altri: Arresto cardiocircolatorio ricorrente, malattia oncologica con aspettativa di vita inferiore a 12 mesi, demenza grave, insufficienza cardiaca di classe NYHA IV, malattia degenerativa allo stadio finale”.

In Svizzera il problema delle Terapie Intensive diventa criterio medico. Con una premessa scritta dagli stessi accademici e rianimatori che viene così giustificato: “Le decisioni vanno prese nell’ottica di contenere il più possibile il numero di malati gravi e morti”. E per quanto possano essere concreti gli svizzeri la scelta di optare per non prestare cure agli anziani desta perplessità. I termini, poi, usati nel documento rievocano tempi bellici che mai si vorrebbe rivivere come “prendere decisioni di razionamento”.

Sta per cambiare così la geografia sociale e non è detto che sia migliore.