“Il tampone è un utilissimo mezzo diagnostico ma non possiamo scambiarlo per una modalità salvifica”, così afferma Giorgio Palù, docente emerito di virologia all’Università di Padova.

In altri termini, aggiunge, “i tamponi sono fondamentali per fare la diagnosi e per seguire la traccia dell’evoluzione pandemica, ma oggi siamo già arrivati al massimo delle nostre capacità”. I tamponi, spiega, “vanno fatti ai sintomatici ed ai loro contatti, ma ritenerli una strategia salvifica non ha senso, perché anche con un milione di tamponi non risolveremmo il problema. Infatti, con il 90% di asintomatici e con una diffusione del virus che va ben oltre quella che noi vediamo, la rincorsa ai tamponi è impossibile, sia dal punto di vista pratico sia scientifico data l’estrema numerosità dei focolai”.

Lo strumento principale in questo momento, invece, è rappresentato secondo Palù dal distanziamento che “va garantito con misure più severe, il che vuol dire evitare riunioni e assembramenti, fare estrema attenzione ai raduni in casa e incentivare al massimo lo smart working”. Piuttosto, “dobbiamo chiederci a cosa siano dovuti i numeri in crescita attuali, e la risposta – afferma Palù – è che dal 24 settembre hanno iniziato a muoversi 8 milioni di studenti, con un sovraccarico dei mezzi pubblici”.