Campobasso non ci sta. Gli addetti del comparto sportivo, i ristoratori, i titolari di bar, pizzeria, pub lo hanno gridato a gran voce in Piazza Prefettura di Campobasso, davanti al Palazzo del Governo. Unanime il disappunto alle misure restrittive emanate dall’ultimo Dpcm. Secondo il sindacato di categoria con l’ultimo decreto entrato in vigore dal 26 ottobre non si  fa altro che “danneggiare ancora di più le attività, in una situazione molto critica che deriva dal primo lockdown”. I titolari delle attività coinvolte dalle restrizioni, con la riapertura di maggio hanno fatto in modo di adeguare le strutture sportive, i locali così come richiesto per garantire la distanza di sicurezza e ora si trovano a dover chiudere di nuovo.  “Ci troviamo con un’ulteriore spesa e un danno non indifferente”.

I manifestanti infatti evidenziano che l’aumento dei contagi non è causata dalle loro attività che hanno rispettato tutte le misure di sicurezza. “Non abbiamo dati che accertano che le nostre attività abbiano causato l’aumento dei contagi. L’aumento dei contagi è avvenuto a settembre quando si sono riaperte le scuole e gli uffici e c’è stato il problema dei trasporti”. Dunque un provvedimento inadeguato che per gli addetti dei settori coinvolti chiudere alle 18.00 vuole dire “togliere di mezzo un comparto che è quello della ristorazione fuori casa serale e dei locali serali e notturni”.

Ma non solo titolari di attività della ristorazione, a far sentire le proprie ragioni anche tanti titolari di attività sportive del territorio che trovano ingiusta questa chiusura drastica che crea un danno non solo all’attività stessa, ma anche a coloro che svolgono attività sportive. “Vengono penalizzati i bambini che erano tornati a vivere grazie allo sport, a sorridere di più e a stare meglio. Ed è ovvio che lo sport aumenta le difese immunitarie”.

Quello del governo è un provvedimento che per l’ennesima volta hanno subito nonostante gli adeguamenti ai quali si sono attenuti e nonostante i costi affrontati. E se sono pronti a rispettare le regole questa volta non ci stanno. Sono regole troppo restrittive che danneggiano un settore che dopo il primo lockdown ha visto anche un forte calo dei clienti.

“Noi che lavoriamo nel mondo dello sport siamo i primi ad insegnare ai grandi e ai piccoli il rispetto delle regole e di accettare anche le più assurde. Siamo stati i primi ad aver adempiuto ad ogni minimo dettaglio andando anche oltre le prescrizioni, però ci hanno fatto chiudere. Quello che chiediamo oggi è un sostegno concreto, chi ci governa dovrebbe essere qui a chiederci di cosa abbiamo bisogno. Non si tratta di un contributo economico, ma quello che davvero serve alle nostre strutture per andare avanti, oggi domai, fra un anno”.

E gli sportivi ancora una volta ribadiscono che o sport non è un’opzione, ma è funzionale alla vita. “Quello che noi facciamo è proprio quello di salvaguardare la salute quando c’è. E se davvero ci riconoscessero il ruolo che abbiamo all’interno della società probabilmente anche i costi della società potrebbero ridursi  ulteriormente rispetto a quello che oggi viviamo e questo magari consentirebbe una riorganizzazione del sistema sanitario a vantaggio di chi ha bisogno”.

E poi da più parti è venuta fuori una puntualizzazione in merito al bonus vacanze e al bonus bici, senza pensare evidentemente al sistema sanitario “Erano tutti consapevoli che in autunno ci sarebbe stata una seconda ondata. Le strutture sanitarie sono rimaste quelle che erano, i trasporti sono rimasti quelli che sono, le fonti di contagio sono quelle eppure hanno chiuso le strutture più sicure”.

Dunque, quello che queste persone chiedono è di poter continuare a lavorare. Di poter garantire un servizio, che può essere quello sportivo o quello della ristorazione. Un grido di aiuto per dei settori che a questo punto, potrebbero cadere a picco.