di Alessandro Matticola

Tutto era iniziato l’11 settembre in modo tragico e violento, con la morte di Salvador Allende e l’instaurazione della dittatura di Pinochet, a cui sono seguiti esili ed omicidi: la fuga di Luis Sepulveda, l’uccisione di Victor Jara, il rifugio in Italia, a Roma, degli Inti Illimani.

Si è concluso in modo pacifico nel 1988, quando il plebiscito per la nuova costituzione, che avrebbe dovuto vedere la vittoria del si e la riconferma di Augusto Pinochet per altri 8 anni, vide invece la vittoria del no, la fine della dittatura e la vittoria delle elezioni del 1990 di Patricio Aylwin.

Nella giornata di domenica scorsa, 25 ottobre, il referendum ha dato il colpo di grazia alla dittatura di Pinochet dopo 30 anni.

Il referendum costituzionale ha visto la vittoria del sì, che presuppone la creazione di un’assemblea popolare di 155 membri, il cui compito sarà quello di creare una nuova costituzione.

“El Derecho de vivir en paz“. Questo era ciò che chiedeva e cantava Victor Jara prima di essere ucciso dai militari di Pinochet e che i manifestanti e gli esponenti della nueva cancion popular cilena chiedevano un anno fa, quando il popolo era sceso di nuovo in piazza a manifestare.

L’anno scorso fu l’aumento del costo del biglietto della metro a far traboccare il vaso, era il 18 ottobre e gli studenti iniziarono a saltare i tornelli della metropolitana. La risposta alla spiegazione di quel gesto fu che “¡No son 30 pesos, son 30 años!”, non erano i 30 centesimi dell’aumento del biglietto, erano i 30 di una costituzione che non rappresentava più un paese.

Un anno dopo l’appello è stato ascoltato ed il popolo ha vinto. Anche quei 30 anni stanno per volgere al termine e questa volta la gente è tornata in piazza a festeggiare.

In un momento dove il coronavirus è tornato a mietere vittime, c’è un barlume di speranza e di rinascita che brilla.

Un si che non era scontato e che non era nato sotto i migliori auspici. Il governo di destra, guidato da Sebastian Piñera non era favorevole al cambiamento e con lui buona parte della squadra di governo. Piñera ha comunque affermato, in maniera molto sobria, che “questo è un trionfo di tutti i cileni che amano la democrazia e la pace e che deve riempirci di speranza. Hanno trionfato i cittadini e la democrazia. È l’inizio di un cammino che dobbiamo percorrere tutti per una nuova Costituzione per il Cile, che dovrà essere una cornice di unità e stabilità per il futuro”.

Dovrà comunque finire quest’anno maledetto segnato dal virus prima che la transizione democratica abbia inizio. L’assemblea verrà eletta il prossimo 11 aprile, in concomitanza con le elezioni amministrative e si riunirà a partire dal mese di maggio. Se tutto andrà bene, la ratifica della nuova costituzione che sarà riscritta da zero, ci sarà per la metà del 2022 e sarà applicata immediatamente. Sarà inoltre la prima volta che le donne potranno partecipare alla stesura del testo costituzionale.

È scontato dirlo, non sarà un compito facile. Non sarà facile “scardinare” se questo sarà l’obiettivo, una costituzione neo liberista basata sulle idee di Milton Friedman, che fu consulente personale di Pinochet, che ha permesso al Cile di diventare la “Svizzera del Sud-America”, seppur a costo di grandi diseguaglianze sociali e privatizzazioni dalla sanità all’istruzione.

Non sarà facile anche perché ogni articolo dovrà essere approvato dai due terzi dell’assemblea, che sarà naturalmente molto eterogenea e naturalmente ci saranno anche esponenti di destra, che non vedono di buon occhio la transizione democratica. L’idea di massima, è quella di lavorare ad un testo minimalista, di stampo europeo, in modo da lasciare le questioni spinose al parlamento.

In linea di massima, chiunque potrà candidarsi per la nuova assemblea costituente, ma naturalmente saranno i partiti a gestire il tutto.

Sarà un compito molto delicato da affrontare, ma c’è la speranza che Victor Jara possa riposare finalmente in pace, perché il suo “Derecho de vivir en paz” sarà realizzato.