Tamponi dai medici di famiglia, l’accordo è fatto e riguarda tutti, anche quella parte di professionisti rappresentati dai sindacati che non hanno siglato l’accordo. Il governo annuncia 30 miliardi di finanziamento per sostenere l’operazione. “Ringrazio i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta che hanno sottoscritto oggi, con senso di responsabilità, il nuovo accordo collettivo nazionale”. Il ministro della Salute, Roberto Speranza, scrive su Facebook.

 

 

Ma non tutti sono d’accordo con la decisione presa. “È inaccettabile che i medici di famiglia siano obbligati a fare i tamponi in studio quando si poteva chiedere la disponibilità volontaria, permettendo a chi non ha spazi adeguati nel proprio ambulatorio di non esporre a rischio i pazienti e se stessi”. Angelo Testa è il presidente del Sindacato nazionale autonomo dei medici italiani (Snami) che non ha firmato l’accordo con la parte pubblica, chiuso invece dal sindacato di maggioranza, per l’esecuzione di tamponi rapidi antigenici e per la dotazione di apparecchiature diagnostiche (come ecografi ed elettrocardiografi) in studio.

I medici vogliono dare ai propri assistiti la possibilità di avere il tampone rapido a patto che ciascuno sia libero di valutare se eseguirli o meno. Dunque “volontarietà di scelta” in base allo studio che si dispone e risorse umane. Questi aspetti, secondo buona parte dei medici, dovrebbero essere i requisiti per “aderire” o meno e non imposizione calata dall’alto di tali prestazioni che se non effettuate causeranno la perdita di lavoro.