InWoman.Gallery è una  galleria online sostenibile dedicata alle dinamiche politiche, sociali, ambientali, economiche del mondo in cui viviamo e le cui protagoniste sono principalmente donne. E l’idea di questo progetto nasce dalla molisana Francesca Dalla Ventura. Una Donna, Mamma, Curatrice e Critica d’arte che ha deciso di creare un progetto con lo scopo di uscire fuori dagli schemi capitalistici del mercato artistico contemporaneo che continua a vedere ancora oggi, come protagonisti principali, artisti uomini e prezzi sempre meno accessibili e riservati a solo pochi acquirenti.

“InWomen.Gallery nasce dall’esigenza di applicare al sistema dell’arte contemporanea due concetti – fino ad oggi difficilmente presenti nel mondo delle gallerie d’arte – che per me sono fondamentali: la sostenibilità e l’uguaglianza di genere. Il mercato dell’arte contemporanea è molto difficile da comprendere nelle sue dinamiche capitalistiche. E’ un mercato che privilegia sicuramente l’uomo (bianco), in cui le donne molto spesso fanno fatica a emergere. Certo la situazione sta cambiando, ma non ancora in maniera decisa. Ecco, in Women.Gallery non vuole essere una galleria che discrimina, ma che valorizza”.

Francesca, riprendendo un concetto di una delle più importanti critiche d’arte del secondo dopoguerra, Lea Vergine, sostiene che l’arte deve essere androgina, non privilegiare alcuna appartenenza di genere. Ma spiega che però il mercato racconta un’altra storia.

“Per arrivare a questo abbattimento delle differenze di genere è necessario, prima, dare spazio, uguagliare, al genere che ha subìto più discriminazioni nel corso della storia dell’arte o della storia in generale, che è quello femminile. Per me questo è un passaggio importante”.

C’è poi il concetto di sostenibilità – il principio di sviluppo sostenibile – applicato all’arte, che è un concetto che sta molto a cuore a Francesca.

“La galleria nasce con lo scopo di poter intraprendere delle relazioni più sane tra gallerista-artista e acquirente all’interno di un mercato artistico che pensa solo al guadagno, allo sfruttamento degli artisti e delle artiste – risorse indispensabili per la riflessione sul mondo in cui viviamo – oltre che dell’ambiente”.

E per applicare il concetto di sostenibilità all’arte si possono seguire diverse strade. Dal supporto agli artisti meno rappresentati, alla concezione di una collezione d’arte stabile nel tempo e a disposizione della collettività, al dare sostegno a progetti che migliorano il presente e il futuro, fino al semplice uso di cornici di legno per avere un impatto ambientale ridotto. E Francesca racconta una sua esperienza.

“Qualche tempo fa ho avuto modo si scrivere un articolo-intervista a quattro donne artiste sulla loro condizione nel mondo dell’arte. E’ stato un articolo discretamente criticato, perché quando le donne fanno emergere alcune difficoltà legate all’essere madri, lavoratrici, custodi della casa, o a problematiche più dure come la violenza di genere, molto spesso ci dicono che vogliamo fare le vittime. Quando ho scritto quell’articolo-intervista ho capito che il progetto di una galleria d’arte online sostenibile, che avevo nella testa da circa tre anni, poteva e doveva diventare realtà. Insomma che i tempi erano maturi”.

Grazie a quell’articolo Francesca è stata contattata da diverse artiste, condividendone l’allarme che lanciava. Tra queste Giorgia Gigì, Carla Mura e Federica Scoppa, e da lì si è mossa e ha concretizzato inWomen.Gallery, una famiglia che continua a crescere.

“InWomen.Gallery vuole essere, non solo uno spazio per vendere opere d’arte di artiste donne a prezzi più accessibili agli acquirenti, ma vuole essere uno spazio per organizzare mostre online e anche per creare un dibattito sul mondo dell’arte al femminile, includendo il lavoro di curatrici, galleriste, critiche, consulenti dell’arte. Infine, e forse qualcuno storcerà il naso, il mondo dell’arte sta cambiando direzione – anche a seguito della pandemia in atto – e si sta aprendo sempre di più al digitale e da qui la voglia di metter su una galleria online”.

E Francesca ha sentito proprio l’esigenza di creare questo tipo di progetto perché da sempre è sensibile alle ingiustizie sociali.

“Provo forti emozioni – rabbia, angoscia, tristezza – quando vedo che la cose in questo mondo non funzionano o funzionano male. Emozioni che si triplicano se penso che sarà ciò che lascio in eredità a mia figlia. Vorrei che lei avesse la possibilità di vivere in un mondo più giusto, un’utopia, lo so. Con la mia galleria online sostenibile non cambio certo il mondo, non ho questa presunzione. E’ una piccola goccia nell’oceano, un segnale che voglio lanciare: la necessità che le donne nell’arte e in generale siano considerate non solo come madri, ma anche come lavoratrici con uguali possibilità riservate agli uomini e non con handicap perché hanno vulva, utero e seni”.

Le donne nell’arte, ma non solo, partono da una situazione di svantaggio. E’ evidente e lo dimostra il fatto che a nessun uomo verrà chiesto a un colloquio di lavoro se ha intenzione di avere figli. Nessun uomo deve nascondere una gravidanza. E nessun uomo viene giudicato per il suo aspetto fisico.

“La società considera quasi gli artisti dei nullafacenti, peggio ancora se donne. Storicamente parlando le donne che si sono dedicate alle attività artistiche sono sempre state considerate delle ‘outsider’. Pensiamoci: quanti nomi di artiste donne conosciamo? Al massimo se ne ricordiamo qualcuno è perché sono state descritte nei libri di testo come mogli di, amanti di, muse di. A nessuna di queste è stata riconosciuta la dignità della professione che svolgeva”.

Una condizione che non vale solo per le artiste.

“Le posizioni di direttori di musei sono quasi tutte affidate a uomini. Ugualmente per le posizioni di direttori artistici delle fiere d’arte – pensiamo alla Biennale di Venezia che in quasi 60 edizioni ha visto solo 4 volte una direzione artistica femminile -. Pensiamo ai nomi di curatori, critici, galleristi: quanti nomi di donne verranno in mente? La situazione, certo sta migliorando negli ultimi anni, ma non abbastanza. A mio parere è necessario passare attraverso una riconsiderazione storica del ruolo della donna all’interno dell’arte. Insomma, ci sarebbe bisogno di riscrivere la storia dell’arte con più nomi femminili. Magari un giorno i testi su cui abbiamo studiato a scuola e all’università saranno altri e si darà ampio spazio anche alle donne che hanno investito la loro vita nell’arte”.

Un progetto dunque necessario.

Francesca è una curatrice e critica d’arte molisana emigrata in Germania. Troppo volte le hanno chiesto quanto può essere importante l’arte per il territorio come il Molise anche per incrementare l’indotto del turismo. Un interrogativo che le abbiamo posto anche noi a cui ha risposto in modo molto duro.

“E’ una domanda a cui sono stanca di rispondere, ma non per la domanda in sé, ma perché so che non verrà accolta e recepita da chi di dovere. Appena dopo la magistrale, a partire dal 2012 e fino al 2014, anno in cui mi sono trasferita in Germania, ho collaborato con quella che si chiamava ‘Soprintendenza per i beni artistici e etnoantropologici’ del Molise. Il dottor Daniele Ferrara, allora soprintendente, insieme a noi collaboratori è riuscito a dar vita in Molise, per la prima volta, ad alcuni progetti importanti, come il Museo Nazionale del Molise in Castello Pandone a Venafro, la Pinacoteca Pistilli e Collezione Eliseo a Campobasso e il restauro degli affreschi del Castello di Gambatesa. Durante quegli anni, oltre a dare il mio supporto scientifico, svolgevo anche visite guidate. Ricordo la difficoltà anche solo per far mettere una segnaletica decente a Campobasso, ricordo l’assenteismo delle autorità competenti in qualsiasi incontro, ricordo il poco interesse dei molisani a qualsiasi nostra iniziativa. E’ una domanda retorica. Certo che l’arte (quanti siti importanti e qualitativamente meravigliosi che abbiamo in Molise!) può incrementare l’indotto del turismo, ma c’è bisogno da parte di chi se ne occupa (enti pubblici e privati) di un reale interesse che al momento non c’è. L’unico interesse in Molise resta sempre concentrato sulla questione voti: si dà credito a quei settori da dove poter trarre profitto al momento delle votazioni, senza capire che aumentando il turismo, aumentano anche i posti di lavoro e quindi la vivibilità di una regione che, in ambito culturale, resta fanalino di coda in Italia”.