di Alessandro Matticola

 

Non basta il coronavirus e il nuovo lockdown annunciato dal Presidente Emmanuel Macron nella serata di mercoledì. E’ tornato anche l’incubo del terrorismo.

Prima il professore decapitato a Parigi due settimane fa. Ieri a Nizza un uomo ha ucciso 3 persone nella Cattedrale di Notre-Dame e un altro uomo armato di coltello fermato a Lione.

Tutti al grido di Allah Akbar!

L’ultimo affondo da parte di Macron è arrivato dopo l’attentato a Parigi lo scorso 16 ottobre. Una religione in crisi, così è stato definito l’Islam, perché incapace di prendere le distanze dal terrorismo contro cui sta combattendo la Francia.

Un’uscita che non è piaciuta al mondo mussulmano, dall’Imam di Al-Azhar al Cairo, uno dei principali centri di formazione della religione islamica, fino ad arrivare alle dure prese di posizione da parte del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan che ha boicottato i prodotti francesi, dichiarando Macron un malato di mente e vedendo costretto il capo dell’Eliseo a richiamare il suo ambasciatore.

Le prime espressioni del terrorismo islamico in Francia si ebbero nel 2015, un anno maledetto.

Charlie Hebdo, il settimanale satirico, pubblicò una vignetta – di cattivo gusto, al pari delle offese dei mussulmani nei confronti dei cristiani – che scatenò l’ira del terrorismo islamico. L’attentato si ebbe alla fine delle festività natalizie, il 7 gennaio, con 7 morti. Poi fu la volta di Nizza a febbraio, con tre militari accoltellati nel quartiere ebraico. Dall’episodio di Nizza fino al mese di novembre fu un continuo di episodi isolati che hanno coinvolto singoli individui avventarsi contro una o due persone in nome di Allah.

Fino ai tragici attentati del 13 novembre, fuori dallo Stade De France e al Bataclan. Un episodio che fece esclamare all’allora presidente François Hollande che la Francia era in guerra. Un’espressione che non piacque al resto della comunità internazionale, tanto da chiedere al presidente di abbassare i toni, pur mantenendo il rigore.

La scelta della Francia non è stata casuale e soprattutto, ha dato una svolta precisa alla guerra armata dell’Isis, oramai uno stato che non esiste più. E soprattutto spiega – c’è un motivo anche lì – perché l’Italia non è stata toccata da questo fenomeno.

Lo Stato Islamico di Iraq e Levante o più semplicemente Isis, che ha cambiato nome diverse volte nel corso del tempo, aveva come scopo principale la diffusione dell’Islam ovunque ci fosse la presenza di un islamico. Da qui la lotta agli infedeli con qualsiasi mezzo, in modo particolare col terrorismo di stato.

Questo in parole povere, il discorso sarebbe molto ampio da affrontare, a cominciare dalla sua nascita all’indomani della caduta del regime di Saddam Hussein in Iraq.

Col passare del tempo, prima che lo Stato esaurisse la propria “carica virale” per usare un’espressione di tendenza, ci si è accorti che la lotta organizzata non premiava più di tanto. Troppo dispendio di energie e di denaro. I video diffusi non erano più montati e contornati da effetti speciali, venivano ripresi dai cellulari e pubblicati sui social, non più inviati ai giornali su dvd.

E da qui il giocarsi il “tutto per tutto” anche nella lotta armata che adesso, approfittando della situazione causata dal virus, sta cercando di riprendersi. Non più quindi attacchi mirati, ma basta un’auto, un coltello da cucina più grande o se si riesce, un camion da lanciare a tutta velocità su un viale affollato.

La Francia era il punto di diramazione da cui poi diffondersi in Europa e così è stato. Spagna, Belgio, Germania ma non Italia.

L’Italia infatti ha un ruolo ben preciso. È la porta di accesso all’Europa, il punto di approdo di tanti disperati in cerca di un futuro tra cui nascondersi. E purtroppo il terrorismo ha terreno fertile proprio tra gli strati bassi della popolazione. L’Italia è la rampa di lancio, prima dell’approdo in Francia, paese dove l’Islam ha un valore diverso e soprattutto, con una storia coloniale ancora attuale molto ramificata.

L’Italia sarebbe stata per l’Isis la ciliegina sulla torta. L’immagine del Vaticano con la bandiera nera che circola da anni tra gli ambienti terroristici islamici è l’immagine della vittoria finale, il trionfo di Allah sugli infedeli, l’ultima roccaforte da conquistare e che cadrà quando tutto il mondo sarà già ai loro piedi. Un attentato in Italia equivarrebbe a tagliarsi le gambe da soli.

L’Isis ha terminato il suo compito, lo stato non esiste più lasciando il posto ai profughi che adesso sono apolidi. Perché l’Isis in quanto stato è esistito.

Non è morta l’idea del combattimento. Un’idea che soprattutto in un periodo difficile come quello che stiamo vivendo, sotto la pandemia del coronavirus, riesce facilmente a trovare adepti nei bassi strati della popolazione.

E’ morta l’idea di uno stato islamico radicale, non l’idea di imporlo ancora con la violenza.