di Miriam Iacovantuono

Tra le montagne, nei vicoli dei paesi, al di là delle finestre e dove le luci sembrano essere sempre soffuse, questa terra nasconde delle storie. Narra vite, esperienze, sofferenza, ma anche storie di chi ce l’ha fatta. Di chi ha trovato la propria dimensione, proprio qui in Molise. E la storia di Valerio Berardo ne è la dimostrazione. A 34 anni, dopo aver vissuto a Roma dove è nato e dopo un’esperienza in Australia, dove ha lavorato come cuoco, oggi si trova a vivere nel paese di origine dei suoi nonni e dei suoi genitori, a Duronia dove ha un’azienda agricola ovicaprina e fa il pastore.

Durante la nevicata storica del 2012 Valerio si è trasferito in Molise, nel piccolo paese in provincia di Campobasso che negli anni ha visto sempre più persone andare via, dove la maggior parte della popolazione è anziana. Ma lui è tornato proprio in quel posto dove trascorreva tutte le estati, dove i suoi nonni erano contadini e quando lui si trovava con loro andava a pascolare le pecore con il nonno materno, in inverno con loro uccideva il maiale e poi  mangiava cose buone, genuine.

Al suo trasferimento è sempre stato legato un altro aspetto, il raggiungimento dell’indipendenza economica e alimentare.

“Quando sono tornato dall’Australia sono stato qualche mese a Roma, poi mi sono detto vado a vivere in montagna a casa di famiglia dove non pago l’affitto. Avevo pochissimi soldi però lì intanto c’è la terra posso mettere le fave, gli agli, e intanto a primavera ho fave e agli e poi nel frattempo qualcosa mi inventerò. Avevo fatto dei corsi di potatura degli ulivi, avevo frequentato per un po’ altri contadini, gente che viveva di questo e ho cominciato ad andare ad aiutare gli anziani del paese che avevano bisogno di potare degli alberi, loro stessi mi dicevano dove potarlo e io continuavo a imparare”.

All’inizio Valerio guadagnava alla giornata. Nel frattempo ha comprato due capre, due galline, aveva qualche coniglio e ha iniziato così piano piano aiutando gli altri a coltivare l’orto e cercando di imparare.

“Così ho guadagnato i primi soldi, ho comprato un decespugliatore un po’ più economico però poi mi sono organizzato meglio con il tempo. Le capre piano piano sono aumentate, sono aumentati anche gli orti da coltivare fino a quando poi ho dovuto cominciare a scegliere cosa fare per vivere in maniera più dignitosa. Una volta raggiunto un minimo di indipendenza  potevo produrre qualcosa in più”.

Nel tempo Valerio si è quindi inserito nel settore della pastorizia anche grazie all’aiuto e al sostegno di altri contadini. Ha rubato con gli occhi, ha imparato da loro e ha messo in pratica quel mestiere che in questi territori ha resistito centinaia di anni e che ancora oggi per molte famiglie è frutto di un sostentamento economico.

“Dopo aver coltivato orti, raccolto le olive, ho deciso di intraprendere questo percorso nella pastorizia. Ho iniziato a crescere un piccolo gregge con l’aiuto di un altro pastore, con cui è nata una grande amicizia e collaborazione e che mi ha sempre sostenuto in questo mio percorso, in questa scelta che all’inizio ho fatto per passione che poi è diventata la mia vita. Oggi ho un’azienda agricola ovicaprina e  faccio il pastore, il capraro”.

E come in ogni percorso nuovo che si intraprende anche per Valerio ci sono state delle difficoltà, ma se per qualcuno la parola sacrificio può suonare come una cosa sacrificale per lui non è così.

“Le difficoltà si possono incontrare dove non c’è esperienza, poi una volta fatta l’esperienza si va avanti. Ho avuto i miei momenti di preoccupazione, di paura perché qualcosa non andava bene o qualcosa è cambiato in maniera drastica nella mia vita, però non ho mai pensato di mollare. Se avessi lavorato per qualcuno avrei mollato, ma quello che faccio oltre a essere un mestiere, un lavoro è anche una scelta. Le difficoltà ci sono state solamente quando ho dovuto affrontare qualcosa che ancora non conoscevo però ho capito che la costanza e la perseveranza fanno portare avanti quella che è una scelta di vita rispettosa il più possibile del pianeta e degli altri. Una scelta e quindi un lavoro che forse è la soluzione, almeno per quello che riguarda me, per soddisfare questo bisogno nella mia mente”.

E considerando i punti di forza e i punti di debolezza di un mestiere come il suo per Valerio non è un problema uscire tutti i giorni con gli animali, compresi i giorni festivi. Le uniche volte in cui potrebbe esserci un pentimento per aver scelto questo lavoro è pensare di mancare in qualche occasione importante o di non riuscire a stare vicino a qualcuno o a qualche affetto che magari ha bisogno in un determinato momento.

“Ci sono delle volte in cui non si ha alcuna possibilità di lasciare se non c’è un aiuto. Ecco questo sì, questo potrebbe essere un contro. Per il resto secondo me ci sono tanti pro”.

Secondo Valerio in questo territorio, dove lui ha scelto di vivere, non bisognerebbe farsi troppe domande. Bisognerebbe capire quante cose non ci servono, quante cose non sono necessarie per essere felici e per vivere una vita dignitosa. Forse nel tempo se qualcuno iniziasse a tornare e a fare delle cose qualcun altro potrebbe seguire l’esempio e si potrebbe assistere a un grande flusso migratorio di ritorno.

“Ho avuto occasione di conoscere tante persone che sono rimaste e che non hanno nessun bisogno di girare il mondo, ci sono delle realtà bellissime. Tante famiglie ancora vivono come un tempo e non sentono queste forti esigenze di andare a vedere il mondo. Riescono a viversi il paesaggio, riescono a viversi il posto, riescono a essere contenti con poco e quindi qui ho incontrato tanta gente che ha il coraggio di restare. Forse anche la pandemia ha fatto capire a qualcuno quanto è importante avere per esempio l’orto vicino casa. Sono tutti valori aggiunti che se vivi in una città, in un appartamento non hai. Non si tratta di coraggio, ma di coerenza”.

Sono sicuramente scelte di vita che cambiano da individuo a individuo. Decisioni che si prendono valutando diverse situazioni, ma come dice Valerio non c’è niente che dobbiamo fare per soddisfare altri.

“Non c’è niente che dobbiamo fare per qualcun altro, se non per noi stessi per raggiungere la nostra felicità qualunque sia il modo, purché sia rispettoso degli altri e dell’ambiente dove viviamo e soprattutto delle scelte che dobbiamo fare con la nostra testa”.

In questo Molise  sono tanti quelli che sono andati via. Qui dove si continua a dire che non si riesce a vivere degnamente e dove i giovani, i millennials non trovano lavoro, la storia di Valerio, ma soprattutto la sua determinazione, la sua perseveranza possono essere un esempio da seguire. Partendo dalle piccole cose anche una passione, può diventare un sostentamento per la propria vita e far raggiungere quella felicità che diventa la propria dimensione.