di Alessandro Matticola

 

Diciamolo pure, la fantascienza non è il nostro forte. Noi italiani siamo un popolo di romantici, drammaturghi, di storici e di comici. Siamo ancora degli ottimi scrittori di gialli, ma il futuro, il fantastico, non è arte nostra come dicono a Napoli.

Eppure, quando ci capita di cimentarci anche in questo campo, ci viene bene. Come diceva Madonna negli anni ’80, “Italians do it better”. Gli esempi non sono tantissimi, nella letteratura come nella cinematografia. Su tutti viene in mente “Nirvana” di Gabriele Salvatores, un film molto ben riuscito del 1997 che seguiva un filone ricorrente nel genere fantascientifico della seconda metà degli anni ’90, quello relativo alla realtà virtuale.

Poi, com’è successo a me, ti ritrovi a pensare ad un libro di qualche anno fa, non tantissimi – è del 2015 – e ci pensi per tutto il lockdown. Qualche giorno fa, mentre spulciavo la libreria in cerca di neanche io so cosa e ammetto che lo faccio spesso, mi piace spulciare tra i libri, me lo ritrovo davanti.

Avete presente la sensazione di quando, riguardando “Ritorno Al Futuro” vi accorgete che il 21 ottobre 2015 oramai è passato da 6 anni e per tanto siamo già nel futuro inoltrato? Bene, pensate ora di essere in uno di quei film horror/thriller – non ricordo quale di preciso ma dovrebbe esisterne uno– dove il protagonista si ritrova a leggere un libro e scopre che sta leggendo la sua vita, di cui – tragico o meno – è stato scritto anche il finale.

Questa è la trama del romanzo, provate a vedere se c’è qualcosa che vi è familiare.

Anna è una ragazzina di 13 anni che si ritrova da sola col fratellino Astor. Vive in Sicilia. L’Italia è rimasta deserta. Per cosa? Per una malattia chiamata “La Rossa”, una febbre partita dal Belgio che prende e uccide “solo i grandi” e di cui Anna dovrà preoccuparsi solo quando lei e il fratellino “saranno diventati grandi” appunto, dopo la pubertà. Si dice anche, però, che “sul continente non c’è la Rossa”. E i due tra non pochi problemi e la perdita di qualche tassello importante riusciranno a raggiungere Reggio Calabria. Ma il libro non finisce. Non si sa cosa troveranno i due sulla terra ferma, ne come andranno le cose, se davvero “La Rossa” non c’è.

In quale anno è ambientato il libro? Provate ad indovinare: nel 2020.

Niccolò Ammaniti scrive Anna nel 2015, quando il coronavirus non si sapeva neanche cosa fosse. Si era parlato della “sars”, ma nessuno aveva mai parlato di “sars cov-2” o “covid-19”. La “sars” era un ricordo lontano, apparso in Cina nel 2002 e poi scomparso.

Quella che era un’idea “innocente” nello scrivere di un futuro impossibile da realizzarsi, senza stare a girarci troppo intorno, è diventato realtà. Una storia che ricorda molto “Io Sono Leggenda”, il film di Francis Lawrence, basato sul romanzo di Richard Matheson del 1954 (da cui sono state tratte numerose versioni cinematografiche) e interpretato da Will Smith. Il tutto nello stile unico ed inconfondibile di Ammaniti, che quando racconta non usa mezze misure. Linguaggio schietto, diretto e senza scrupoli, crudo e reale.

Anna parla di un’Italia deserta, dove sono rimasti solo i bambini e gli adolescenti che sono riusciti a sopravvivere, dove non bisogna comprare da mangiare: basta entrare in un posto qualsiasi e prendere ciò che si vuole, se è ancora rimasto qualcosa. Dove le strade sono deserte, il silenzio regna sovrano e di li a poco la natura se ne riapproprierà definitivamente.

Insomma, uno scenario apocalittico degno di un film di Hollywood, purtroppo però quasi identico a ciò che abbiamo vissuto oramai un anno fa.

Prima che il virus entrasse prepotentemente nelle nostre vite, era in lavorazione una serie TV tratta dal romanzo diretta dallo stesso Ammaniti. Le riprese sono state interrotte proprio a causa del covid la scorsa primavera (sono riusciti a scegliere anche il periodo giusto per iniziare a girare), ma dovrebbero concludersi a breve e la serie dovrebbe essere distribuita da Sky il prossimo aprile.

Permettetemi una digressione: vi era l’idea di realizzare, oramai tanto tempo fa, anche una versione cinematografica di “Ti Prendo E Ti Porto Via”. Dovremo ancora attendere molto per vederla?

Ad ogni modo, sarà molto strano vedere una serie ispirata ad un romanzo ambientato nell’anno appena trascorso, dove la fantascienza si è mescolata con la realtà a tal punto da diventare essa stessa realtà.

Un dubbio è lecito averlo: Niccolò Ammaniti aveva già previsto tutto?