di Antonio Di Monaco

Nel nostro Paese, sono due i centri di riferimento per le malattie infettive: l’Inmi “Lazzaro Spallanzani” di Roma e l’Azienda Ospedaliera “L. Sacco” di Milano. Secondo il principio della distribuzione geografica, il sud ne risulta sprovvisto. E allora, una proposta accattivante e, allo stesso tempo, provocatoria: perché non costituire un terzo centro proprio in Molise identificandolo con l’ospedale Vietri di Larino? D’impatto, l’idea potrebbe sembrare peregrina, ma va considerato che l’Organizzazione Mondiale per la Sanità, insieme con altre, sostiene che, negli anni a venire, si deve convivere con il virus o, meglio, i virus.

Poi, questo “terzo centro” si troverebbe in una località più accessibile agli eventuali portatori di malattie infettive del centro-sud, rispetto a Roma e Milano. E, naturalmente, darebbe anche una spinta allo sviluppo di una zona interna del Molise con un beneficio di cui godrebbe tutta la regione.

Non bisogna dimenticare altresì il problema dell’emergenza di nuovi agenti infettivi, favorito, tra l’altro, da fenomeni quali la facilitata mobilità internazionale e il rischio concreto di un uso terroristico di agenti infettivi, che se da un lato non rappresentano allo stato attuale un problema assistenziale
rilevante, costituiscono un fenomeno di grave allarme sociale e possono rappresentare nel futuro un rischio grave per la salute collettiva.

L’assistenza ai pazienti con malattie da infezione presenta, tuttavia, aspetti diversi che richiedono, nell’affrontarle, strategie di intervento articolate. Le malattie infettive acute devono essere prontamente identificate, isolate e trattate in ambiente specialistico,
per garantire un intervento appropriato che è dimostrato essere in grado di migliorare la prognosi, razionalizzare l’uso delle risorse, in particolare i farmaci antinfettivi, attuare misure di isolamento del paziente
per prevenire la diffusione nosocomiale e mettere in atto interventi profilattici e di sanità pubblica.

Tutto ciò mentre proseguono in tutta Italia le segnalazioni delle tre varianti di coronavirus che l’Iss sta monitorando dagli ultimi mesi del 2020 e che preoccupano: sono l’inglese, la brasiliana e la sudafricana. Già da settimane sono state individuate in persone positive in diverse regioni del nostro Paese. Secondo i risultati dell’indagine rapida condotta il 4 e 5 febbraio da Iss e ministero della Salute, con la collaborazione dei laboratori regionali, la variante inglese è ormai diffusa nella maggior parte del territorio italiano, almeno nell’88% delle regioni. Ma quello che emerge non è un quadro uniforme: in alcune aree la prevalenza della variante inglese, ossia il numero di casi identificati nei due giorni dell’indagine dell’Iss, raggiunga il 59%. È una diffusione notevole dovuta alla maggiore facilità con cui si trasmette questa variante. Nel Molise la variante inglese è presente soprattutto nell’area del Basso Molise e in maniera minore nella zona di Campobasso e della provincia di Isernia. Non bisogna avere fretta, ma si deve fare presto.