di Lucrezia Cicchese

Il Molise è stato tra le poche regioni che, per i primi mesi della pandemia, ha visto un virus silente. Quel che accadeva nella Lombardia sembrava lontano. Quei 700 km circa che separano da Milano parevano una sufficiente distanza di sicurezza e l’idea che il virus potesse giungere nella regione dimenticata anche da Dio era pressoché inverosimile. Il Presidente della Regione, Donato Toma, non perdeva occasione di ricordare che “tutto è sotto controllo”. Invece il covid e poi le sue varianti se ne andavano a spasso per il Molise.

Così mentre il Comitato tecnico scientifico Covid disquisiva del più del meno, i molisani erano belli che fregati. I mesi sono passati, per dirla tutta un anno, e ora ci si ritrova nel caos totale.

Questo perché non c’è mai stato un vero piano pandemico e se c’è stato non si è visto. I cittadini possono pur non essere consapevoli di quello che accade, ma le Istituzioni hanno l’obbligo di essere informati e non farsi cogliere impreparati. Che poi, è necessario ribadirlo, dopo un anno è difficile essere impreparati. E pure bisogna fare i conti con la realtà. Gli ospedali, gli operatori sanitari e i molisani non ce la fanno più.

La sofferenza ospedaliera è arrivata al culmine: mancano posti letto in Terapia Intensiva. Poco serve la nota del generale Giustini in cui avvisa la stampa che “il dottor Florenzano e la dottoressa Scafarto, hanno segnalato la gravissima situazione che si sta verificando in queste ore all’ospedale Cardarelli di Campobasso. L’emergenza straordinaria rappresentatami necessitava di provvedimenti ad horas che prevedono l’utilizzo dei posti letto della struttura Gemelli per assolvere ad una situazione non più rinviabile. Resta ferma la decisione, pienamente validata dal Ministero per la Salute, di realizzare nel più breve tempo possibile, augurabilmente nei prossimi giorni, l’apertura del centro Covid presso la struttura Vietri di Larino”.

Poco servono i 20 posti letto di sub intensiva al Gemelli Molise (ieri un altro paziente è stato trasferito in elisoccorso al Gemelli di Roma). Non c’era e non c’è mai stato l’intento di intervenire. Il disastro che oggi il Cardarelli vive ne è il risultato. Non solo. Il luogo in cui essere curati è diventato il luogo della morte.

Il problema è irreversibile. Non c’è strategia. Nulla. E cosa si fa? Ci si affida al fai da te? Non c’è un metodo. O meglio, c’è il metodo Toma & Florenzano. Ma ai molisani serve un piano che preveda posti letto, sono troppi i casi di positività con richiesta di ospedalizzazione. E a questo punto della storia serviranno sia in Terapia intensiva che in sub intensiva.

Il tempo del “tutto sotto controllo” è finito.