di Antonio Di Monaco

Mentre da più parti si lavora per ripristinare la centralità della sanità pubblica – Gino Strada in Calabria su tutti – lasciando al privato soltanto l’alta specialità, in Molise si sperimenta addirittura l’integrazione privato-privato, anche e soprattutto nelle cure ordinarie. L’ipotesi Vietri-Neuromed, archiviata nelle ultime ore e sostituita con quella Gemelli-Neuromed, è il primo banco di prova.

Da parte sua, il Gemelli Molise S.p.A. ribadisce di aver “offerto alla Regione ampi spazi, attualmente non occupati dalle degenze ordinarie, per ospitare pazienti Covid. L’area messa a disposizione è completamente separata dal resto della struttura con percorsi distinti e personale dedicato. Le attività ordinarie no Covid proseguono quindi in piena sicurezza, adottando scrupolosamente tutte le misure necessarie per contrastare la diffusione della pandemia. L’ospedale Gemelli Molise – si legge ancora in una nota della direzione – si è sempre reso disponibile ad accogliere pazienti affetti da Covid-19 per supportare il centro hub regionale in caso di necessità. Una scelta in linea con la mission dell’istituzione sanitaria cattolica, che opera nell’esclusivo interesse della collettività. Non vogliamo tirarci indietro in questo momento di grande difficoltà. Collaboriamo da sempre con tutti gli altri ospedali del territorio molisano e non, siamo una realtà che sente forte l’identità molisana, partendo dal nome che abbiamo voluto assumere e per questo siamo e vogliamo essere di aiuto nel momento del bisogno”.

Eppure, resta il fatto che in un momento nel quale scoppiano le terapie intensive, tutti gli sforzi sono concentrati su una decina di posti letto per paucisintomatici (cosa ben diversa dal Covid-hospital), cioè il più ordinario dei livelli di trattamento sanitario nel quadro pandemico. In un anno, il sistema pubblico non è riuscito a garantire neppure questo, ma soltanto delle situazioni di dubbia e reale utilità come la struttura commissariale (commissario e sub commissario a 25mila euro al mese); l’advisor Kpmg (1,5 milioni all’anno da circa dieci anni; il tavolo tecnico dei ministeri della Salute e dell’Economia; il presidente della Regione-capo della Protezione Civile; l’Asrem e, l’ultima perla, il commissario straordinario Covid, Florenzano, designato dal commissario ad acta, Giustini.

A trent’anni dalla riforma del Servizio Sanitario Nazionale (d.lg. 502/92), in Italia si discute, finalmente, dell’efficienza del sistema pubblico-privato, essendo ormai sotto gli occhi di tutti i nefasti effetti che ha determinato lo smantellamento delle strutture pubbliche. In Molise, invece, si è assistito in questi ultimi giorni ad un’operazione da manuale per fare l’ultimo salto verso la privatizzazione del sistema sanitario il cui disegno ha preso tinte più marcate con l’arrivo della Cattolica all’inizio del 2000. Da allora è un progressivo destrutturare il pubblico per cedere ai privati, togliendo progressivamente servizi alla popolazione. La medicina territoriale, che sarebbe stata così utile per il Covid, è stata progressivamente ridotta all’osso. Sono stati chiusi ospedali senza sostituirli con altri servizi. E allora torna alla mente l’affermazione di Noam Chomsky: “Se vuoi privatizzare un sistema pubblico, taglia i fondi e fa in modo che non funzioni”. La gente protesta e allora arriva il momento di privatizzare. In Italia come in Molise.