di Greta Rodan

Un giorno di molti giorni fa le immagini dalla Cina diventarono meno lontane e poi vicinissime, ci dissero che sarebbe andato tutto bene se avessimo indossato una mascherina e molta molta pazienza, se ci fossimo chiusi in casa e ragionevolmente avessimo ascoltato le disposizioni dei timonieri nazionali e regionali. E così prendemmo a ascoltare il Presidente di questa Regione e pensammo che avremmo dovuto fidarci, di lui e degli altri deputati alla garanzia della nostra salute.

Alcuni personaggi sono ormai quotidianamente sulle nostre bocche, come il direttore della Asrem Florenzano. E la parola Morte, la parola Morte è anche lei quotidianamente sulle nostre bocche. Oggi siamo in un film, uno di quelli grotteschi dalle tinte molto accese. Pieni di rosso. Gli ospedali hanno travalicato il termine collasso, con quelle ormai famose terapie intensive così sature e col personale così stanco e provato da suscitare in noi un moto caldo di empatia.

Gli anziani lasciati a morire nelle case, nelle RSA, nei reparti comuni, perché abbiano più speranza i giovani, che muoiono anche loro, tragicamente. Li somministrate gli antivirali? Che succede al Cardarelli? Applicate protocolli diversi per esempio per un paziente cardiopatico e un paziente senza patologie e, Presidente, perché scrive post su Facebook e li cancella, perché cancella i commenti che non le piacciono, non trova sia un segnale preoccupante che lei pensi a occuparsi di cose così e non ci dica invece, e finalmente, perché in Molise si muoia molto di più? Perché succeda anche a esseri umani un attimo prima in piena salute? Come facciamo a crederle?

E lei, Dottor Florenzano, vuole raccontarci dei vaccini, del perché si facciano soprattutto i tamponi antigenici, perché sul basso numero di molecolari la percentuale dei positivi si alzi così vorticosamente? Perché dobbiamo sentirle dire che la colpa è di qualcun altro, che vi state organizzando, che siete operativi, come se la pandemia fosse iniziata da un giorno e ci fossero da costruire igloo nei quali metterci, a congelare, noi e questo momento, a imprimerlo come il più basso e nero di tutta la nostra storia? Perché volete ficcarci nel cervello la rassegnazione? Ci racconti delle “criticità” riscontrate dai carabinieri nei reparti dei nostri ospedali. Ci racconti una certezza, un piano, un modo di agire che ci rassicuri, non ci faccia sentire protagonisti di questo film, così drammaticamente grottesco, nel quale ognuno di noi, sulle note di una canzone di Luis Armstrong su quanto in fondo si voglia immaginare che il mondo sia ancora un posto buono, dobbiamo pensare, facendo molti scongiuri e affidandoci solo alla sorte “E io, io speriamo che non mi ammalo”.

Perché tra il virus e la morte, in Molise, ci passa un filo sempre più sottile.