di Alessandro Matticola

 

I cartoni animati per adulti esistono. Non certo quel tipo di cartoni che si trovano su internet, quelli dai grandi occhioni e dalle forme del corpo particolarmente prominenti.

Esistono quei cartoni che sono per un pubblico più adulto, maturo e che anche se ideati per i più piccoli, con l’intento magari di abituarli fin da subito a certe tematiche, in realtà dovrebbero essere più i grandi a prestarci attenzione. Sia gli adulti che quelli più giovani.

Di esempi ce ne sono tanti. C’è “Valzer con Bashir”, che parla della guerra in medio oriente alla fine degli anni ’70. Oppure “American Pop”, racconto della storia americana in chiave animata dagli anni ’10 del ‘900 fino agli anni ’80, tramite le vicende di una famiglia fuggita in USA dalla rivoluzione russa.

Il film di oggi invece, è prodotto dalla Disney, da chi da sempre si è dedicato a colorare l’infanzia di tutti. E che, da sempre appunto, non si risparmia anche nel dare lezioni di vita e perché no, anche qualche valutazione politica. Volete un esempio? Provate a cercare su YouTube i cortometraggi interpretati da Paperino “The Spirit Of ‘43” oppure “The New Spirit”, già i titoli dovrebbero darvi un indizio.

Ma arriviamo all’ultimo splendido lungometraggio Disney – Pixar, pubblicato lo scorso Natale sulla piattaforma proprietaria Disney +: Soul.

Dal titolo e dal protagonista sulla locandina, guardando anche il trailer, viene facile pensare che sia un film sulla musica. E in effetti c’è tanta bella musica in buona parte del film – la colonna sonora in italiano è composta da Stefano Bollani, mentre quella originale è di Trent Reznor dei Nine Inch Nails – ma la trama parla di tutt’altro.

Joe Gardner, talentuoso pianista, insegna musica in un college di New York. Passa le giornate tra i banchi di scuola, cerca di trasmettere la sua passione ai ragazzi ma non ci riesce. Questo perché in realtà non è l’insegnamento ciò a cui ambisce.

Gli manca il palcoscenico, gli manca il contatto col pubblico, l’improvvisazione sui tasti. Fino a quando non gli si presenta l’occasione della vita. Un suo ex allievo lo chiama e gli propone una serata con Dorothea Williams, una nota saxofonista. Il pianista della band ha dato forfait e così lo fa andare alle prove. Dopo un po’ di scetticismo iniziale da parte della jazzista, la situazione cambia: Joe al pianoforte è un dio e non si può fare altro che restare incollati ad ascoltarlo. Il posto nella band è suo.

Preso dalla felicità, salta per strada come un grillo. Ma il destino li gioca una brutta carta. Un tombino lasciato aperto per sbaglio ed ecco che Joe va in coma.

La scena seguente si svolge in un altro mondo: Joe sta per morire, è un’anima senza corpo che si ritrova sulla strada per quello che in pratica è il paradiso. Ma non può andare via così, dopo che finalmente potrà realizzare il suo sogno. Cerca di tornare indietro e accidentalmente cade dal ponte sul quale sta camminando, finendo in un grande giardino: l’equivalente del purgatorio, che prende il nome di Oltremondo. Un posto dove tutte le anime si preparano prima di andare sulla terra.

Forse è la volta buona che riesce a tornare e sistemare la situazione. Ma non ha fatto i conti con chi controlla quel posto, che lo scambiano per un mentore, il cui compito è quello di preparare le anime. E guarda caso, gli viene assegnata 22, anima ribelle che non riesce ad essere pronta per andare sulla terra.

Ma siamo proprio sicuri che non lo sia? E soprattutto, se 22 fosse la chiave per tornare sulla terra?

Il finale probabilmente è scontato, nonostante le mille peripezie che i due incontreranno sul loro cammino. Eppure non è così.

Non vi svelo tutto fino alla fine, non ci sarebbe gusto. Ma vi avviso, non è un film così scontato. Soprattutto non è un film che, una volta spento il pc, vi farà andare a dormire sereni, non senza qualche dubbio.

È quello che Joe, inconsciamente, si ritroverà a fare nel suo percorso: mettere in dubbio tutto quello che è stato. Passa la vita ad aspettare quel momento fatidico, l’occasione della vita, quella che lo farà diventare un musicista. Passa la vita lavorando a quel momento, tralasciando tutto il resto. Per poi accorgersi di cosa? Che in realtà non aveva mai vissuto. Aveva speso la sua vita per la musica e per amore della musica non aveva fatto nient’altro, tanto che alla fine non aveva mai vissuto neanche la sua più grande passione.

Soul è uscito in un anno particolare, dove con molta probabilità ci siamo accorti proprio di questo. Abbiamo corso all’impazzata: lavoro, casa, palestra, casa, letto ed il giorno dopo di nuovo tutto da capo. La pandemia ci ha costretti in casa, ci ha costretti a ritrovare il focolare della famiglia, i più sfortunati hanno dovuto salutare gli affetti portati via da un nemico invisibile. E in tanti si sono accorti di essersi lasciati alle spalle tanto: la famiglia certo, ma anche le loro passioni, i loro sogni, i progetti che in nome della quotidianità sono stati accantonati.

Joè avrà una seconda possibilità? Lo lascio stabilire a voi. E vi lascio interpretare anche il finale del film così come i suoi personaggi.

Se Soul avesse avuto un sottotitolo sarebbe stato “Goditi la vita !”. Bisogna scegliere bene quale e come però.