di M.I.

Con l’istituzione della zona arancione per il Molise, secondo il DPCM non cambia molto per le scuole. Le regole prevedono la didattica a distanza per le scuole superiori, fatta eccezione per gli studenti con disabilità e in caso di uso di laboratori; didattica in presenza per scuole dell’infanzia, scuole elementari e scuole medie. Chiuse le università, salvo alcune attività per le matricole e per i laboratori. La scelta dunque spetta ai sindaci che in Molise si sono orientati in modo diverso.

A decidere di sospendere la didattica in presenza per tutte le scuole di ogni ordine e grado è stato il primo cittadino di Campobasso che ha predisposto un’ordinanza sindacale in vigore fino al 28 febbraio. Una scelta dettata soprattutto per la “situazione di forte criticità nella quale si sta ritrovando l’intero sistema sanitario regionale e il conseguente progressivo aumento giornaliero dei ricoveri nelle strutture ospedaliere, per prevenire ulteriori sviluppi emergenziali legati alla forte diffusione del virus che già ha costretto alla definizione di zone rosse nel basso Molise”.

E se qualcuno ha tirato un sospiro di sollievo ritenendo giusta e sensata la scelta del sindaco Gravina, c’è chi ritiene sia inutile nel momento in cui ragazzi e adolescenti continuano a fare assembramenti nelle piazze, lungo il corso, in alcuni casi senza mascherina. E sulla questione si è scatenata una vera e propria diatriba anche su quelle che sono le responsabilità dei comportamenti sbagliati dei ragazzi. Se ci sono tanti rispettosi delle regole, ce ne sono tanti altri che dopo la scuola continuano a incontrare i propri coetanei senza essere abbastanza prudenti. Sarebbe opportuno che, alla decisione della sospensione della didattica in presenza, seguano maggiori controlli, proprio là dove i giovani sono soliti riunirsi.