di Antonio Di Monaco

Con il terzo picco pandemico all’orizzonte, che molti esperti collocano alla metà del mese, il Molise si ritrova senza un centro Covid dedicato e, soprattutto, con i Livelli Essenziali di Assistenza (Lea) praticamente azzerati considerando che le strutture regionali non sono più in condizioni di rispondere all’emergenza crescente.

Per capire come si sia arrivati a questo, occorre partire dal decreto legge del 17 marzo 2020 (convertito in legge numero 27 il 24 aprile successivo) e delle misure operative di Protezione Civile per la gestione dell’emergenza epidemiologica – la stessa che prevede l’attivazione della procedura Cross – volte ad individuare un’area sanitaria dedicata ai pazienti Covid per ogni azienda sanitaria da parte del presidente della Regione nonché autorità di Protezione Civile.

Poi è arrivata la circolare 00112254 del 29 maggio 2020 a firma del ministero della Salute ed inerente alla riorganizzazione ospedaliera per l’emergenza Covid. Il commissario ad acta per la sanità, Angelo Giustini, in osservanza della stessa, si è attivato per redigere un progetto coinvolgendo i dirigenti dell’Asrem che, dopo aver dato la loro disponibilità, sono stati costretti inspiegabilmente a rinunciare. Un aspetto su dovrebbe far luce la Procura della Repubblica di Campobasso – che, peraltro, ha richiamato i Lea in periodo di pandemia nell’informativa notificata al commissario Giustini – appurando, magari, da chi e perché.

Lo stesso commissario, di fatto, ha poi presentato il progetto Covid individuando il Vietri di Larino, ma il presidente Toma, venuto a conoscenza del progetto, ha scritto – con nota formale del 5 giugno 2020 – al presidente del Consiglio, ai ministri della Salute, dell’Economia e delle Finanze e degli Affari Regionali osservando che, a suo dire, l’individuazione del vietri centro Covid contrasterebbe con le linee guida tracciate dalla circolare che darebbe preferenza o priorità ad ospedali Hub citando le relazioni della direzione generale della Salute (a firma di Lolita Gallo), della direzione generale dell’Asrem (Oreste Florenzano) e sanitaria (Maria Virginia Scafarto). Ma trascurando (consapevolmente?) la possibilità di discostarsi da tali linee proprio per la presenza di strutture declassate o chiuse.

A luglio è stato quindi approvato il progetto che prevede la realizzazione del centro Covid all’ex hospice del Cardarelli di Campobasso con la nomina del dg Asrem quale soggetto attuatore. Nell’agosto seguente sono stati banditi concorsi per 20 infermieri professionali e per 5 Oss da assumere a tempo determinato, ma solo a febbraio 2021 è stata nominata la commissione di valutazione delle oltre mille domande pervenute. A novembre sono stati appaltati i lavori per la realizzazione della torre Covid, ma solo pochi giorni fa si è scoperto che ci sarebbero problemi di progettazione e di budget (pare che i 6 milioni stanziati non siano sufficienti).

A fronte di tutto questo, dal mese di febbraio 2020 ad oggi, sia nell’ospedale hub Cardarelli di Campobasso sia negli ospedali spoke di Termoli e Isernia sono presenti pazienti affetti da Covid favorendo, a quanto sembra, la promiscuità. Le stesse persone, in situazione di criticità, vengono puntualmente trasportate ai diversi Pronto Soccorso per poi essere ricoverate al reparto di Malattie Infettive di Campobasso ormai al collasso da tempo e, nei reparti di Chirurgia e Medicina sono scoppiati focolai di contagio. Ma soprattutto sono preclusi i ricoveri per interventi chirurgici da patologie tempo-dipendenti al Cardarelli, se non per emergenze, vista l’assenza della disponibilità di una terapia intensiva oggi utilizzata solo per malati Covid e, gli stessi malati tempo dipendenti, non hanno più la possibilità di potersi ricoverare in altri ospedali, i quali risultano infetti e si è dovuto ricorrere alla procedura Cross per trasferire i pazienti in altre regioni. Stabilendo, ben presto, un nuovo triste primato nazionale.