Si è appena avviato, oggi, con la firma della Dichiarazione congiunta da parte della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, del presidente del Parlamento europeo David Sassoli e del premier portoghese Antonio Costa, che detiene la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea,  il processo per la Conferenza sul futuro dell’Europa.

Il cammino della Conferenza è stato difficile e sono ancora molti gli interrogativi sulla sua realizzazione e sui risultati che riuscirà a produrre. La cancelliera Angela Merkel, durante il semestre tedesco alla guida del Consiglio dell’Ue, non era riuscita a dare avvio al processo, cosa avvenuta invece con l’attuale presidenza portoghese, succeduta a quella
tedesca dal 1° gennaio 2021. La Dichiarazione congiunta rappresenta un compromesso al ribasso rispetto alle aspettative iniziali, ma consente all’iniziativa di prendere avvio, con ogni probabilità il 9 maggio prossimo, in occasione della Festa dell’Europa. La conferenza durerà fino alla primavera del 2022.

La presidenza della Conferenza viene affidata congiuntamente ai presidenti di Commissione, Parlamento e Consiglio. La gestione invece è in carico ad un Comitato esecutivo composto da 9 membri, rappresentanti di Commissione, Parlamento e
Consiglio, più fino a 4 membri osservatori, che prenderà decisioni attraverso la regola del consenso, e sarà assistito da un segretariato.

La Conferenza sarà un esercizio “dal basso” incentrato sui cittadini, anche se nella dichiarazione non sono ancora indicate le modalità. Quello che sembra essere certo, però, è che i protagonisti saranno i giovani e che gli incontri saranno fisici (se possibile) e virtuali su piattaforme on line.

Nella Dichiarazione congiunta emergono indicazioni sui temi oggetto del dibattito che sarà innescato dai lavori della conferenza: cambiamento climatico, migrazione, Unione nel mondo, meccanismi democratici, sussidiarietà e trasparenza. I cittadini potranno proporre tematiche che ritengono rilevanti e quindi si potranno attivare ulteriori dibattiti. L’agenda
della Conferenza dovrà, inoltre, essere ampliata per identificare le riforme politiche e istituzionali necessarie per garantire la resistenza dell’Ue, la sua capacità di rispondere ai bisogni dei cittadini e il modo in cui può svolgere un ruolo internazionale più attivo. Le principali conclusioni della Conferenza confluiranno in un rapporto ai tre Presidenti, che
dovranno decidere come darvi seguito, ciascuno nella propria sfera di competenza. La Conferenza farà dunque arrivare alle Istituzioni la nostra voce, quella di chi è abituato a dialogare quotidianamente con Bruxelles e quella di chi invece non ha modo di farsi sentire. Finora.

Il valore della Conferenza sarà letto sulla base delle proposte che arriveranno sui tavoli delle Istituzioni europee. La Conferenza, infatti, non può essere un mero esercizio di discussione che confluirà in un documento da consegnare, ma deve essere davvero uno strumento attraverso cui approdare a serie riforme delle Istituzioni e del Trattato, perché così com’è oggi l’Unione ha ancora serie difficoltà a gestire situazioni complesse. L’ Unione ha dimostrato di essere importante in questa pandemia ma il suo ruolo ed il suo funzionamento devono e possono essere migliorati, anche liberandosi dagli errori del passato. Solo così saremo in grado di affrontare le grandi sfide che ci attendono. Se necessario si potrà e dovrà andare anche oltre i 12 mesi preventivati come durata dell’iniziativa.

Il successo della Conferenza dipenderà anche dal partenariato che si metterà in moto a tutti i livelli per generare il dibattito: associazioni, istituzioni, stampa, parlamenti nazionali. Certo, il fattore di rischio va considerato anche in questo caso: se le istituzioni abdicheranno al loro ruolo di rappresentanza e non trasformeranno le deliberazioni della
Conferenza in un percorso serio di riforma, l’esercizio rischia di trasformarsi in un boomerang sulla credibilità e sulla democrazia dell’Unione.

Quali scenari si apriranno in seguito alla Conferenza sul futuro dell’Unione? Si potrebbe arrivare a considerare un trasferimento all’Unione di nuove competenze dagli Stati membri e un’espansione dell’applicazione del voto a maggioranza qualificata. Non è detto che si scelga di conferire maggiori poteri all’Unione sottraendoli agli Stati membri. Potrebbero
emergere preferenze sulla direzione del processo di integrazione europea, in senso maggiormente sovranazionale o intergovernativo, oppure verso meccanismi di differenziazione attraverso i quali gli Stati membri più capaci e volenterosi possano andare avanti senza essere bloccati dalla necessità di procedere a 27.

Tuttavia, su quest’ultimo punto resta l’interrogativo principale: il Consiglio ha infatti espressamente escluso che la Conferenza sul futuro dell’Europa possa condurre alla riforma dei Trattati sulla base dell’articolo 48 del Trattato sull’Ue. Ma molti si stanno già augurando che gli esiti dei lavori della conferenza possano essere portati in seno ad una conferenza intergovernativa, che viene convocata proprio per discutere e approvare modifiche ai trattati dell’UE.

 

 

 

 

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