di Alessandro Matticola

 

La musica elettronica degli anni 2000 ha avuto un nome: Daft Punk.

In principio è stato Karlheinz Stockhausen. Poi, a partire dagli anni ’70, la musica elettronica è diventata patrimonio dell’umanità, una vera e propria forma d’arte, grazie al genio di Jean Michel Jarre, di Vangelis e di gruppi come Kraftwerk e Tangerine Dream. Dalla Francia, negli anni ’80, mentre dilagava l’elettro pop d’oltremanica dei Depeche Mode, la musica elettronica pura si spostava nel nostro paese con Giorgio Moroder. Si arrivò agli anni ’90, agli anni dei remix e delle discoteche notturne a tutto volume, quelle per farti dimenticare tutto.  E senza accorgerci di nulla ci ritrovammo negli anni 2000, con la house, la deep, la garage, la commerciale.

La musica elettronica pura divenne sempre più di nicchia e finì per confondersi con altri generi. Ma due musicisti parigini, Guy-Manuel de Homem-Christo e Thomas Bangalter, seppero adeguarsi ai tempi e fecero si che il loro duo, i Daft Punk, non passassero mai di moda. Dai sintetizzatori alle console, dai club di tutto il mondo alle cuffie degli appassionati del genere, non si sono mai dimostrati banali.

Poi la notizia che non ti aspetti. Riservati, dietro gli enormi caschi neri che facevano molto fantascienza, con lo stesso mistero con il quale apparivano e scomparivano di nuovo, con cui facevano spuntare dal nulla i loro album, lo scorso 22 febbraio hanno annunciato nello stupore generale il loro scioglimento.

E lo hanno annunciato in un modo incredibile: tutti si aspettavano l’uscita di un nuovo album, invece arriva la fine di un mito, il tramonto di un’era.

Dei Daft Punk e della loro musica si potrebbe parlare per ore. Oggi invece ci concentriamo sul loro atto finale: Epilogue. Un cortometraggio che rimarrà nella storia del cinema per la sua unicità, carico di simbolismo.

Analizziamolo insieme.

Inizio minimalista, che sembra preso da un film di Stanley Kubrick. Sfondo nero, scritta in maiuscolo che riporta il titolo del corto, data di uscita in successione. Tutto tremolante ad imitare lo scorrere della pellicola.

Primo piano, esterno giorno. I due che camminano con Guy-Manuel de Homem-Christo leggermente indietro rispetto a Thomas Bangalter. Non si distingue ancora bene il luogo in cui si svolge la scena, ma è ben visibile un deserto, uno spazio vuoto con delle montagne in lontananza.  È già questo un segnale: l’assoluto, il nulla intorno, la scena solo per loro.

Il primo piano prosegue, poi Homem-Christo inzia a rallentare fino a quasi fermarsi. L’inquadratura cambia, lo riprende di fronte con la testa leggermente abbassata, visibilmente pensieroso e preoccupato dietro la visiera nera.  Poi l’inquadratura passa su Bangalter, che procede a testa alta e continua a camminare. Prima che la camera si sposti di nuovo alle spalle dei due a riprendere Homem-Christo che si ferma definitivamente. Solo il rumore dei passi dei due protagonisti sulla sabbia. Nient’altro. Un altro segno: è solo uno a fermarsi ed essere perplesso, l’altro procede con fare deciso.

La camera si sposta di nuovo su Bangalter. Si ferma, si volta, vede l’altro fermo. Un primo piano del volto, poi Homem-Christo abbassa il capo. La scena si sposta di lato. Bangalter torna indietro. Primo piano sul volto dei due musicisti che si guardano negli occhi. Homem – Christo si leva la giacca e si volta di spalle. La camera si sposta sulla schiena del musicista che si è appena voltato e sul comando di autodistruzione posto al centro. Il tutto in 15 intensi ed interminabili secondi.

Zoom lento sul volto di Bangalter, visibilmente perplesso sul da farsi. E ancora sul volto di Homem-Christo, che come un condannato a morte aspetta il suo momento. Ancora una scena interminabile in 5 secondi scarsi.  E alla fine, con grande coraggio, Banaglter attiva il comando di autodistruzione.

Parte il timer di un minuto. Il silenzio che ha regnato sovrano finora, disturbato solo dal vento, viene rotto dai “bip” del timer che scandisce il conto alla rovescia. Campo totale, si vede il deserto e Homem – Christo che si allontana tornando indietro, dando le spalle a Bangalter. Sempre di spalle, Homem – Christo arriva al lato opposto dell’inquadratura. Primo piano dei piedi che si fermano, poi della mano destra che si stringe in un pugno, infine sugli ultimi secondi del timer. 3…2…1… Homem – Christo salta in aria in una scena, ripresa da più angolature, che è un chiaro richiamo alla scena finale di Zabriskie Point di Michelangelo Antonioni, ma lo scoppio viene attutito.

Parte ”Touch”, tratto dall’ultimo album del due duo “R.A.M. – Random Access Memories”. Stacco.  Sfondo nero. Poi appare la mano sinistra di Guy-Manuel de Homem-Christo che incontra quella destra di Thomas Bangalter in un disegno stilizzato, quasi anni ’90, con una luce al centro – una stella probabilmente – che aumenta sempre più di intensità e l’effetto di tremore che ricorda sempre lo scorrere della pellicola nella macchina da presa. Ed in basso la dicitura “1993 – 2021” che appare con una dissolvenza in entrata: i Daft Punk non ci sono più. Una lapide sulla tomba del duo.

La scena si dissolve e lascia spazio ad un campo lunghissimo col sole che sorge e le parole del brano che lo accompagnano: “Hold on! If love is the answer you’re home!”. E’ la fine di un’era. È un testamento quello lasciato dai Daft Punk, che in questo periodo caratterizzato dalla pandemia assume un significato ancora più rilevante: non mollare! Se l’amore è la risposta, allora sei a casa!

Ma il finale è aperto ed è tutto da interpretare. Il sole sta salendo. Ad un certo punto “Touch” si interrompe di colpo e con un fade in il volume si alza di nuovo. Bangalter continua a camminare verso il sole, non si ferma. Altro rimando alla scena finale di Zabriskie Point di Antonioni. È la fine dei Daft Punk, di un capitolo, ma tutto lascia presagire che ci sarà un prosieguo, qualcosa che continuerà. Lo dice anche il testo che viene cantato in sottofondo: non mollare!

Dissolvenza in uscita, fine.

L’atto conclusivo della musica dei Daft Punk dura 7 minuti e 57 secondi, trasferendosi dal suono all’immagine, dalla musica al cinema.

Probabilmente ci sarà ancora spazio per tanta bella musica almeno da parte di uno dei due, anche se il duo ha dichiarato che il significato è molto semplice e diretto: la fine dei Daft Punk.

Qualunque sarà la loro decisione nel prosieguo dal punto di vista musicale, Guy-Manuel de Homem-Christo e Thomas Bangalter lasciano in eredità un cortometraggio commovente che resterà inciso nella storia della settima arte.