di Miriam Iacovantuono

Guardare ai territori delle aree interne con uno sguardo innovativo si può e a raccontarlo è Legambiente che in collaborazione con ‘Piccola grande Italia, il futuro abita qui’, narra di quelle che sono le buone pratiche per una innovazione sostenibile nelle aree più marginali del Paese.

‘Scatti di futuro viaggio nell’Italia dei piccoli comuni che innova’ delinea le idee e le pratiche per un nuovo Rinascimento territoriale. Si tratta di un lavoro che va a condizionare in positivo la vita quotidiana degli oltre 10 milioni di persone che vivono nei 5.585 piccoli comuni d’Italia tra cui anche quelli del nostro Molise.

L’obiettivo di queste idee e pratiche è quello di portare l’innovazione sostenibile nelle aree interne del nostro Paese, abitarle sperimentando l’economia collaborativa e la condivisione di spazi, beni e servizi. Lavorare in ambito socio-sanitario, prendendosi cura delle persone e costruendo esperienze di welfare comunitario in un borgo di poche migliaia di abitanti. Sperimentare nuove modalità e nuovi programmi di insegnamento, in grado di valorizzare la relazione con il territorio circostante. Occuparsi della salvaguardia di un territorio fragile, di integrare energie rinnovabili ed efficienza energetica e valorizzare l’offerta culturale, turistica ed enogastronomica.

Guardando al futuro i piccoli comuni andranno a far interagire l’innovazione con quella che è la tradizione e quindi lo sviluppo globale con le peculiarità del luogo, andando così a disegnare una nuova stagione di opportunità per i territori che potrebbe svilupparsi prendendo esempio da esperienze virtuose che disegnano i contorni di un possibile cambio di passo. Storie spesso poco conosciute, nate su iniziativa di singoli cittadini, associazioni, cooperative o enti locali, che stanno già producendo importanti cambiamenti nei contesti in cui sono collocate. Idee e buone pratiche che mettono al centro il lavoro, la salvaguardia dell’ambiente, l’innovazione e un radicale ripensamento dei servizi per la cittadinanza con l’obiettivo di determinare – con il contributo indispensabile delle amministrazioni – un’inversione di tendenza rispetto ai fenomeni come quello dello spopolamento, della riduzione dei servizi essenziali e dell’abbandono delle cosiddette aree interne e del loro patrimonio edilizio, marginalizzate nonostante conservino risorse ambientali, patrimonio culturale e saperi.

Partendo quindi da buoni esempi e da opportunità che si sono sviluppate sul territorio si vuole evidenziare quelle che sono le potenzialità espresse dai piccoli comuni italiani che possono sviluppare un progetto più articolato e ambizioso, in grado di mettere in connessione esperienze, moltiplicarle e determinare un nuovo assetto socio-economico.

Guardare a chi ha puntato alla comunità stessa a cui, in molti casi – e di esempi ce ne sono anche in Molise – si vanno a integrare cittadini di origine straniera che potrebbero portare a quel cambio di passo verso un’inversione di tendenza del fenomeno dello spopolamento. E’ però importante che a questo aspetto si leghi senza dubbio un altro che è quello del policentrismo. Secondo l’analisi che fa Legambiente l’importanza di un’operazione del genere, in grado di portare occasioni di lavoro, socialità e costruire comunità coese nei piccoli comuni, va di pari passo con la necessità di decongestionare i centri urbani provando ad arginare, se non a ridurre, il fenomeno globale della sproporzionata espansione dei grandi centri abitati. Un’operazione del genere avrebbe il duplice valore di continuare a mantenere il presidio della presenza umana in aree del Paese strategiche per i suoi equilibri ecologici ed economici e di ridurre il carico antropico nelle ormai intasate metropoli. Dunque, reinterpretare il policentrismo in chiave contemporanea, tenendo conto sì delle specificità iper-locali che danno vita alle economie di nicchia e a paesaggi unici, ma anche della necessità di mettersi in rete con altri territori e altre comunità per affrontare sfide più complesse e cogliere opportunità che da soli sarebbe impossibile cogliere. Diventa necessario che i comuni, in un contesto di ritrovata centralità, cooperino con altri enti locali e attori sociali per fare economie di scala, intercettare finanziamenti, attrarre investimenti, ma anche sperimentare l’economia civile e le mille opportunità offerte dalla sharing economy, dall’economia circolare e dall’automazione. E per questo è necessario che questi territori non vengano emarginati ed è fondamentale per esempio garantire l’infrastruttura informatica, che diventa importante per gestire tanti servizi e cittadini in modo più intelligente e sostenibile e portare innovazione nei servizi, nella qualità della vita, nella condivisione di informazioni e pratiche, nella loro personalizzazione, portando in queste terre marginali una ventata di contemporaneità e lo sviluppo delle smart land oltre che delle smart city tanto decantate nei centri urbani.

Tutto questo però deve essere garantito in un borgo che ritrovi la sua dignità e autenticità, la sua funzione sociale ed economica rimettendo in moto la comunità locale e arginando lo spopolamento.

Ciò che poi nel tempo è venuto fuori, anche analizzando il cambiamento di questi territori, è che la dimensione del piccolo comune può rappresentare la soluzione abitativa ideale per diverse fasce sociali e di età, ma soltanto se la comunità ospitante sarà in grado di garantire i servizi essenziali – salute, istruzione, trasporti, connessione veloce a Internet – contemporaneamente a un buon livello di qualità della vita e a un’offerta soddisfacente di cultura e socialità. Anche in questo caso, la quantità ridotta di abitanti può rappresentare un’opportunità e non un vincolo se si è in grado di mettere in campo un’elevata capacità di fare rete, un’apertura verso la multifunzionalità di luoghi e professioni e la capacità di innescare dinamiche di condivisione ed economie di scala. Dunque, quel fare rete che porta alla condivisione, alla diversificazione, alla partecipazione nella direzione del welfare di comunità.

E le storie dell’Italia che innova raccontano proprio questo. Narrano un nuovo modo contemporaneo di vivere i borghi italiani e le aree interne del Paese, messe da parte dalla modernità che ha spazzato via insieme a una cultura agropastorale, mestieri e saperi alla base anche della salvaguardia di territori fragili, di ecosistemi preziosi giacimenti di risorse per le città. La vera sfida consiste nel promuovere un grande cantiere di innovazione, dove convogliare idee e risorse per progettare e realizzare nuove idee e soprattutto opportunità.

Nel tempo e diversi territori d’Italia che vengono definiti aree interne hanno visto a un proprio cambio di passo partendo da buone pratiche come per esempio quella dell’accrescimento dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili, o l’idea di creare un’impresa giovanile partendo dal recupero dei beni comuni. Ma anche una nuova imprenditoria che si basa sulla promozione di prodotti tipici e il recupero di terre abbandonate oppure al recupero del territorio e a una nuova residenzialità. Si tratta quindi di percorsi di rinascita che partono dall’interno, dalle comunità stesse e che costruiscono un futuro e modelli di sviluppo autentici.