di Antonio Di Monaco

L’esperienza di chi sperimenta il contagio da Covid, purtroppo, non termina con il tampone che lo dichiara finalmente “negativo” al virus. Questa infezione infatti, nei casi più gravi che richiedono ospedalizzazione, ha spesso conseguenze ulteriori e di più lungo decorso, che richiedono un percorso di riabilitazione specifico, che può già cominciare in una fase sub-acuta o post-acuta della patologia. L’ospedale di Comunità “Vietri” di Larino è stato inserito nel piano di riorganizzazione per il potenziamento della rete territoriale per l’emergenza quale ala post-Covid, come confermato alcuni mesi fa dall’ex commissario ad acta, Angelo Giustini, ma finora non si è visto nulla di tutto questo. Eppure, in un recente documento, la direzione dell’Asrem ha previsto l’attivazione di 120 posti letto (attualmente sono solo 60) ai sensi del Decreto Legge 34 del 2020, compresi 10 posti riservati ai malati Covid che si sono negativizzati, ma hanno ancora bisogno di “cure mediche”. Al Vietri sono stati assegnati solo 12 infermieri e 8 Oss, ma i medici, paradossalmente, non sono stati previsti.

La volontà di dotare il nosocomio di Larino di un’ala post Covid poteva rappresentare uno spiraglio di futuro per la struttura, inaugurata come ospedale per acuti nel febbraio del 2000 e smantellata nel 2016 dopo sotto anni di tagli e ridimensionamenti inarrestabili che hanno fatto morire lentamente i reparti di area critica. Ma ad oggi il Vietri è desolatamente vuoto nonostante le potenzialità su cui può contare. La politica regionale e l’Asrem, ormai da diversi anni, hanno lasciato che i responsabili dei reparti andassero in pensione senza rimpiazzarli rendendo praticamente impossibile finanche il prosieguo della normale attività. E lo stesso può accadere anche al San Timoteo di Termoli e al Caracciolo di Agnone, come denunciano da tempo comitati, sindacati e parte dei consiglieri regionali. Ma le loro voci, finora, sono cadute nel vuoto.