di Epoca Sibilla

La legge contro l’omotransfobia del deputato Alessandro Zan? Per il governo italiano non è priorità.

“La nostra posizione è chiarissima: ognuno è libero di fare l’amore con chi vuole, amare chi vuole e vivere con chi vuole. E chi discrimina o aggredisce e picchia per strada qualcuno, che sia etero, che sia omo o sia trans, è un delinquente. Punto. Che va punito come la legge già prevede. Non serve una nuova legge, soprattutto in un momento in cui ci dovremmo occupare dell’epidemia e della ripartenza”, ha dichiarato a AdnKronos Matteo Salvini.

E così, dopo l’approvazione, lo scorso 3 novembre, del disegno di legge contro l’omotransfobia, la misoginia e l’abilismo in prima lettura alla Camera, questa potrebbe seguire le stesse sorti dell’antenato ddl Scalfarotto, passato a Montecitorio durante la XVII legislatura e finito su un binario morto. Del resto la politica italiana è avvezza a simile modus operandi. Basta guardare indietro per ricostruire i molti tentativi falliti di introdurre leggi a favore dei diritti LGBT+.

Nel 2006, con la caduta del Prodi bis, si disse addio a una prima forma di riconoscimento delle unioni omosessuali, e dieci anni più tardi a causa delle perenni diatribe tra Renzi e i 5S si dovette fare a meno della stepchild adoption.

Dire addio oggi alla legge Zan significherà mettere in cantina l’agenda lgbt+ in Italia per molto tempo e un Paese civile questo non può più permetterselo.