di Antonio Di Monaco
In principio era la mozione a firma del consigliere regionale di maggioranza, Vincenzo Niro, che puntava a rimuovere l’ex commissario ad acta per la sanità, Angelo Giustini, ma dimessosi per l’indagine della Procura della Repubblica di Campobasso a suo carico. Poi è arrivato l’emendamento a firma di due esponenti di Fratelli d’Italia, Michele Iorio e Aida Romagnuolo, e dell’ex leghista, Filomena Calenda, che potrebbe essere la mina pronta a far saltare gli scranni della maggioranza nella seduta odierna. La composizione della carica esplosiva è la seguente: a casa tutti i responsabili della catena di comando che ha gestito la sanità in questo periodo di pandemia e sospensione della costruzione della torre Covid al Cardarelli, attraverso un’intesa con il governo nazionale, utilizzando le somme residue per ristrutturare il Vietri di Larino creando le condizioni per un ospedale Covid attrezzatissimo e funzionale come tanti altri ospedali in Italia al posto di tre strutture di rianimazione in moduli mobili per cui si spenderebbero oltre 5 milioni di euro. Due frecce avvelenate per il presidente, Donato Toma, che ha nominato a suo tempo gli attuali vertici dell’azienda sanitaria regionale e non ha mai avallato nei fatti l’apertura di un ospedale Covid a Larino. Decisioni che nemmeno tutta la sua maggioranza ha accettato sempre a cuor leggero.
Ma il personaggio più atteso è sempre l’assessore Calenda che due settimane fa ritirò clamorosamente la firma in calce all’ultima mozione di sfiducia presentata al presidente Toma che si salvò grazie al suo voto personale in contraddizione con una prassi più o meno consolidata che vorrebbe l’astensione da parte del diretto interessato. Visto il precedente e soprattutto l’incarico di governo che adesso ricopre, qualche dubbio sulla fermezza del supporto all’emendamento di cui sopra, è lecito nutrirlo. Se restasse tutto immutato, considerando l’appoggio scontato delle opposizioni M5S e Pd, si arriverebbe a undici voti favorevoli che sarebbero sufficienti a far passare il documento e a mandare sotto la maggioranza che si fermerebbe a dieci voti.