di Antonio Di Monaco

Bloccare la trasmissione del virus per utenti e dipendenti, stop alle convenzioni con i privati ed il dispendio di milioni di euro di risorse dei cittadini riportando le prestazioni ospedaliere all’interno della struttura pubblica e ripristino dei reparti chiusi. Sarebbero questi i benefici immediati che deriverebbero dall’apertura di un ospedale Covid di cui il Molise è l’unica regione italiana ad esserne privo ed è lo stesso che accade a Bibbiena, in Toscana, in cui c’è una mobilitazione per avere una struttura di questo tipo. Del resto, è lo stesso ministero della Salute a certificare che “gli ospedali Covid saranno strutture ad alto valore aggiunto in termini di innovazione, tecnologie e competenze” per i quali sono già state stanziate risorse importanti.

Infatti, il decreto 34/2020 prevedeva la creazione di ospedali Covid considerando che gli ospedali misti hanno dimostrato fin da subito di aver favorito in molti casi il contagio non solo tra gli utenti, ma anche e ovviamente tra i dipendenti. Nonostante questo, il comportamento ondivago nonché la ritrattazione, operata da tutte le forze politiche in Consiglio regionale sulle deliberazioni più volte adottate per la riapertura del Vietri e sulla base delle quali l’ex commissario ad acta, Angelo Giustini, aveva redatto il Piano Pandemico.

I colpi di teatro si sono susseguiti a Palazzo d’Aimmo dall’aprile al giugno 2020. Una prima mozione approvata, votata dalla maggioranza e solo da una parte dell’opposizione; poi l’approvazione di una nuova mozione, proposta dalle opposizioni, ma respinta dal presidente Toma e suoi fedelissimi; una nuova mozione ripresentata dalle opposizioni, passata nuovamente senza il voto di Toma e parte della maggioranza. In tutto questo, anche il deputato M5S, Antonio Federico, nel giro di 20 giorni passa “dall’opportunità da cogliere” del 5 giugno 2020 ai “dubbi” improvvisi del 27 dello stesso mese su un argomento da chiudere nonostante potesse portarlo avanti con determinazione visto il peso del Movimento nell’allora governo Conte. Si arriva, quindi, al “pensiero unico”, ossia quello di Toma al quale si sono allineati tutti, eccetto Iorio e Romagnuolo: il Vietri non si apre, nonostante la cosiddetta Torre Covid risulti, oltreché insufficiente, irrealizzabile in tempi certi o forse in maniera definitiva viste le gravi denunce di irregolarità progettuali rese pubblicamente dalla ditta vincitrice dell’appalto per la costruzione.

Sorge quindi il dubbio che tutti abbiano lavorato per non arrivare ad una soluzione: Toma e la sua maggioranza, la dirigenza Asrem e la sub-commissaria (in quota M5S), con un Governo nazionale a maggioranza proprio M5S-Pd al quale i nostri rappresentanti locali avrebbero potuto appellarsi. Se lo hanno fatto, allora non contano nulla nei rispettivi ambiti politici, altrimenti hanno la responsabilità di aver contribuito allo sfascio puntando sull’incapacità del governo regionale per un mero vantaggio a fini elettorali.