di Antonio Di Monaco

Nella legge 194 del 1978 si scontrano due diritti: quello all’interruzione di gravidanza con, all’interno, il punto sull’obiezione di coscienza. Un equilibrio sottile, ma è evidente che maggiore è il numero degli obiettori, minore è l’accessibilità. Ed è proprio quello che accade in Molise. In base alla relazione del ministro della Salute trasmessa al Parlamento il 9 giugno 2020 (periodo di riferimento 2018), risulta che la percentuale dei ginecologi obiettori è pari al 92,3% ed è la più alta d’Italia. Nonostante ciò, la legge 194 andrebbe applicata in tutti i suoi articoli considerando che, nel prologo del provvedimento, è scritto che “lo Stato, le Regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che l’aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite”.

Ciò in Molise non accade e, dopo la conferenza stampa-denuncia del Pd lombardo a Palazzo Pirelli a Milano nelle ultime ore, è in buona (si fa per dire) compagnia con i dati raccolti dai dem in ogni struttura che fanno emergere l’immagine di una Lombardia non virtuosa per l’applicazione della legge 194. Lì, come in Molise, a partire dall’articolo 2 che disciplina i consultori familiari con il primato negativo in coabitazione con anche con Trentino Alto-Adige e Friuli che contano meno di un consultorio pubblico per 10mila donne tra i 15-49 anni. Se a questo si aggiunge che, secondo la legge numero 34 del 1996 dovrebbe esserci un consultorio familiare ogni 20mila abitanti, il quadro desolante in Molise è completo. Le uniche regioni in cui si rispetta il parametro di legge sono Valle d’Aosta (1,7), Emilia Romagna (1,2), Toscana (1), Umbria (1,1) e Basilicata (1,1). In Molise, i consultori Asrem – come riportato sul sito istituzionale dell’azienda sanitaria – sono presenti a Campobasso, Isernia, Termoli, Bojano, Larino, Agnone e Venafro a fronte di poco più di 300mila abitanti complessivi e con un territorio prevalentemente montuoso. Gli operatori, poi, sono spesso costretti a ruotare su più strutture e, se mancano, può capitare che il consultorio intero chiuda. La colpa è soprattutto della mancanza di turnover, che di fatto non ha permesso a chi va in pensione di essere sostituito.

Bisogna poi considerare che negli anni si è osservato l’aumento dell’uso dell’aborto farmacologico: nel 2018 il mifepristone, con successiva somministrazione di prostaglandine, è stato usato nel 20,8% dei casi, rispetto al 17,8% del 2017 e al 12,9% del 2014. L’Ivg farmacologica è un’alternativa, meno invasiva, a quella chirurgica, autorizzata in Italia dal 2009. L’applicazione è demandata alle Regioni e, unico caso in Italia, a giugno 2020, la Regione Toscana ha completato l’iter per l’autorizzazione alla somministrazione dell’RU 486 per l’aborto farmacologico in regime ambulatoriale anziché di ricovero, definendo anche un protocollo operativo con specificato il ruolo dei consultori familiari nell’ambito di questo percorso innovativo.

Tornando all’obiezione di coscienza, in Molise l’unico medico che pratica le interruzioni di gravidanza è il ginecologo Michele Mariano che dirige il “Centro regionale per la procreazione responsabile, la contraccezione e le malattie sessualmente trasmesse” all’ospedale Cardarelli di Campobasso. Ma, all’interno della struttura, vive un continuo boicottaggio, una forma di opposizione che può mettere a repentaglio la vita delle donne come dimostra la separazione tra il Reparto di Ginecologia (dallo statuto di matrice cattolica della struttura cui è affidato in convenzione e che quindi non applica la legge 194, come da delibera di giunta regionale n. 1126 del 2008) e il centro da lui diretto, caso unico in Italia.

Mancano però pochi giorni al 28 maggio, quando per il ginecologo matureranno i requisiti per la pensione. L’Asrem, per cautelarsi, ha emanato un bando per reclutare il successore, naturalmente obiettore di coscienza. Mariano però, come riferito ad OFF, ha chiesto all’azienda sanitaria “di restare in qualità di libero professionista o dipendente ma, in ogni caso, toccherà a loro trovare la formula più giusta”. In attesa di conoscere il riscontro in merito da parte dell’Asrem, va ricordato anche che gli italiani, cattolici in maggioranza, hanno chiesto e scelto di avere questo servizio con un referendum. Dunque, se la popolazione lo vuole, non può restare una voce inascoltata. Un altro segnale in questo senso, era giunto dalla petizione-manifesto su Change.org per la piena attuazione della Legge 194/78 indetta da “Usciamo dal Silenzio”, Libera Università delle Donne e Consultori privati laici. Una battaglia non certo fine a se stessa considerando che l’Italia è stata richiamata perfino dal comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite, come prima aveva fatto il Consiglio d’Europa, per la difficoltà di accesso all’interruzione volontaria di gravidanza.