di Antonio Di Monaco

Tutelare il ruolo svolto dalle case rifugio e dai centri antiviolenza affinché la legge regionale contro la violenza di genere, che recepisce i criteri dettati dalla Conferenza Unificata a seguito della ratifica dell’Italia della Convenzione di Istanbul, trovi piena attuazione. È l’obiettivo che si pone l’ordine del giorno presentato in Consiglio regionale dalla capogruppo del Pd, Micaela Fanelli e dalla consigliera del M5S, Patrizia Manzo, che sarà discusso in Aula nella prossima seduta. L’atto ha “recepito” il botta e risposta tra Maria Grazia La Selva, fondatrice dell’associazione Liberaluna Onlus che gestisce il centro antiviolenza Liberaluna, da una parte, e Oria Gargano presidente della cooperativa BeFree e Antonella Veltri, presidente di D.i.Re-Donne in Rete contro la Violenza, dall’altra. In particolare, “dover ascoltare – si legge nell’odg – dal vertice di un organismo (La Selva, presidente della commissione regionale di parità e delle Pari Opportunità, ndr) che ha il compito di promuovere l’uguaglianza, che la convivenza con altre culture possa rappresentare un aspetto negativo delle case rifugio sembra quasi rimettere tutto in discussione”.

D’accordo su questo punto anche Pd e La Sinistra al Comune di Campobasso con i consiglieri Giose Trivisonno, Alessandra Salvatore (ex assessore alle Politiche sociali), Bibiana Chierchia e Antonio Battista secondo cui “certe affermazioni sembrano dettate dalla scarsa conoscenza del contenuto della Convenzione di Istanbul e di concetti come inclusione, come ricchezza legata alla diversità, come sobrietà nella comunicazione, soprattutto se legata ai fenomeni della violenza di genere. Chi dovrebbe lavorare ispirandosi a questi principi si dice, invece, ‘contraria alle Case Rifugio’, parla di ‘mancanza di dignità’ delle donne perché ‘devono convivere con altre donne di altre culture’. Parole che si commentano da sole”. Da parte loro, gli stessi consiglieri hanno annunciato di lavorare ad “un documento da portare in Aula per tutelare il lavoro e l’immagine delle operatrici del Cav e della Casa Rifugio del Comune e dell’Ambito Territoriale Sociale di Campobasso”.

Intanto, al netto di ogni polemica assolutamente sterile, va ricordato che il decreto attuativo (pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 10 marzo) del D.l. numero 93 del 2013 stabilisce il riparto del fondo di 20 milioni, di cui metà ai centri antiviolenza e metà alle case rifugio, pubblici e privati, già esistenti in ogni regione. Le stesse “si impegnano ad assicurare – si legge nel provvedimento – la consultazione dell’associazionismo di riferimento e di tutti gli altri attori pubblici e privati” e “ad istituire e a convocare, almeno su base semestrale, tavoli di coordinamento regionale”. Prima ancora però, con la delibera di giunta regionale numero 182 del 2020, si è programmato l’impiego delle risorse disponibili dal “Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità per l’anno 2019”, che assegna alla Regione Molise 197.316,73 euro, di cui 160mila quale contributo annuale per il 2020 all’Ambito Territoriale Sociale di Campobasso – Comune Capofila Campobasso – finalizzato alla gestione della Casa Rifugio (Campobasso), dei Centri Antiviolenza (Campobasso, Isernia e Termoli) e degli sportelli di ascolto (Agnone, Venafro, Larino, Riccia/Bojano). Gli altri 15mila euro sono stati invece destinati “alla realizzazione di attività di formazione e di aggiornamento sul tema della violenza di genere rivolta agli operatori dei servizi sociali territoriali, ai rappresentanti delle forze dell’ordine, al personale dell’Azienda Sanitaria Regionale, a quello
che gestisce la Casa rifugio, i Cav e gli sportelli e ai volontari degli Enti di terzo settore impegnati nelle azioni di contrasto, rimandando a successivi provvedimenti la definizione dei contenuti delle attività formative, la calendarizzazione dei corsi e l’individuazione delle Agenzie formative da coinvolgere”. Ma di questi provvedimenti non si ha ancora notizia e i fondi restano, dunque, “congelati”. Quindi, se li si vuole “scongelare”, le polemiche tra centri antiviolenza e case-rifugio non è esattamente quello che ci vuole, quando invece servirebbe una programmazione seria e di largo respiro.