“Ho saputo della decisione che è stata presa sul rinvio, abbiamo un rinvio di 45 giorni. In realtà, non ho nessun commento in merito”. Esordisce così Marise George, la sorella di Patrick Zaki, in una intervista rilasciata a SkyTg24. Dall’ultima udienza, i 45 giorni di carcere preventivo per Patrick Zaki sono ampiamente scaduti. Questo è un ulteriore aspetto illegale in una vicenda che è illegale di per sé: scadono i tempi e nessun giudice pensa a una nuova data, e va avanti così da 15 mesi e mezzo. E nessun politico, nemmeno il Ministro degli Esteri, Di Maio, si è pronunciato. Quello che alla famiglia preoccupa è la condizione psico-fisica di Patrick che “in questo momento, soffre di depressione soprattutto a causa della situazione in cui si trova tutto il giorno”. 

È il momento di agire. Se non fosse stato per la mobilitazione della società civile e per il sostegno dei mezzi d’informazione in questi 15 mesi, la situazione di Zaki avrebbe rischiato di finire dimenticata. Esattamente come tutte le storie simili in cui il silenzio aiuta governi repressivi a continuare a commettere violazioni dei diritti umani.