di Miriam Iacovantuono

Vivere in un paese di poche centinaia di abitanti è un’esperienza. Crescendo in quei posti si cuce sulla propria pelle una realtà che non è sempre semplice da affrontare. C’è poi chi decide di andare via e unire a quell’esperienza altre che a volte fanno tornare lì, al punto di partenza.
Elena Stella veneta, consulente di turismo culturale, è nata in un contesto di aree interne, dal quale è poi “scappata” e in cui è ora ritornata con piena consapevolezza di cosa avrebbe e non avrebbe trovato.
Dalla sua esperienza personale e professionale, lavorando da anni nel settore del turismo, ha fatto una serie di valutazioni e considerazioni su quella che è la vita nei piccoli paesi, che molti già conoscono bene, ma allo stesso tempo ha analizzato una serie di fattori fondamentali sulle opportunità che il recupero e la riqualificazione dei borghi può creare.
A una nuova presenza in questi territori ha sicuramente contribuito la volontà di un cambio vita reso possibile anche dallo smartworking, ma ovviamente la fattibilità è subordinata alle esigenze di ognuno.

“È fondamentale la presenza di alcuni servizi di base all’interno di un borgo rispetto a borghi dove non c’è assolutamente nulla o un tessuto abitativo un po’ da ricostruire”.

Da qui è necessario non pensare solo ai “nuovi residenti”, ma creare una sinergia anche con gli abitanti del posto, con chi ha resistito nonostante tutto, per far ripartire questi luoghi.

“Chi si trasferisce in questi luoghi non è il primo destinatario. Alcune politiche devono essere estese per il luogo a prescindere. Dal mio punto di vista professionale nel campo del turismo quello che in realtà serve è ripensare ai borghi come a delle comunità ancora vive o da rivitalizzare a seconda del contesto specifico in cui attivare dei servizi o rivisitare la condizione del borgo in primis locale, perché questo è determinante sia per chi ci vive già e sia per chi potrebbe essere incentivato a trasferirsi. Il turismo poi può avvenire in un secondo momento e viene da solo nel momento in cui all’interno del borgo c’è un minimo di vitalità. La prima finalità, dunque è quella del recupero della comunità locale”.

Un concetto che deve essere inteso bene per primo dalle istituzioni, a partire dai sindaci fino alle istituzioni regionali e nazionali. E se molto spesso per i primi cittadini di una comunità diventa difficile “mettere mano” a una situazione complessa che potrebbe sembrare irrecuperabile, il fare rete diventa fondamentale.

“Quello che serve è un’azione pubblica in sinergia con il privato – un’impresa o singoli – che abbiano voglia di restaurare il concetto di comunità o di rigenerazione del territorio. A questo punto da parte dell’amministrazione pubblica, che potrebbe guidare il processo, dovrebbe esserci la lungimiranza e il coraggio di agire e coordinare i vari soggetti, per avviare la rigenerazione della comunità. Dunque, iniziative che facciano da volano per la rigenerazione del borgo dal punto di vista abitativo, con un ripristino strutturale del borgo e un incentivo della domanda dal punto di vista residenziale ed economico. Una sinergia tra pubblico e privato che poi porti giovamento a tutta la realtà”.

In tutto questo processo è fondamentale anche il contribuito degli abitanti essendo depositari della memoria storica ma anche perché conoscono e rispettano il genius loci – lo spirito del luogo.

“Gli abitanti del borgo possono facilitare e sollecitare l’organizzazione di momenti di ritrovo collettivo (eventi culturali, eventi di comunità) laddove questi non siano più presenti, o unirsi alle voci dei nuovi residenti per sostenere la (ri)attivazione di servizi e spazi utili e magari inattivi da tempo (ad esempio, il trasporto scolastico o la creazione di uno spazio pubblico attrezzato dove i bambini del luogo possano praticare determinati sport). Ma possono essere anche testimoni degli antichi mestieri o degli antichi riti della comunità, oggi in disuso o da incentivare con nuove progettualità: ad esempio, la presenza di una particolare tradizione artigiana, l’usanza di fare il pane nel forno di comunità e tanto altro”.

E un altro elemento importante è quello di non stravolgere la vita di chi è rimasto in questi piccoli paesi.

“La bellezza della vita in un borgo sta nella gentilezza e nell’autenticità delle persone.
Anche la lentezza e l’aiuto reciproco sono fondamentali e fondanti per la comunità, pertanto non devono essere stravolti con l’arrivo di attività e eventi che non rispettino il genius loci e la memoria collettiva. Per ripartire, i cambiamenti sono necessari ma vanno affrontati coinvolgendo la comunità residente nella progettualità e rendendola consapevole dei benefici a breve e a lungo termine, incentivandola a fornire fin dall’inizio degli spunti di miglioramento della condizione esistente”.

Troppo spesso, anche in questo ultimo anno, sul concetto di andare a vivere in un piccolo paese le opinioni sono state divergenti. È evidente che c’è una differenza tra vivere in un borgo e vivere in una grande città. La conformazione territoriale, la logistica sono diverse e questo porta a condurre stili di vita diversi. È evidente che in un piccolo paese non possono esserci servizi per tutti e tutti quelli che si trovano in città. Molto spesso chi è cresciuto esclusivamente in città e decide di trasferirsi in questi luoghi non ha chiaro questo concetto.

“È necessario innanzitutto fare un po’ di informazione su questo, spingendo sui lati positivi del vivere nel borgo, spingendo sul fatto che c’è di fatto maggiore qualità della vita in termini di cibo, aria, inquinamento che non c’è rispetto alla città. C’è però un prezzo da pagare che è quello per esempio di fare più chilometri per fare la spesa oppure per andare a scuola. Per le famiglie le aree interne sono dei posti strepitosi nel senso che venuta meno l’esigenza di essere cinque giorni alla settimana in un ufficio all’interno della città, le famiglie hanno delle opportunità nelle aree interne perché paradossalmente ci sono più servizi per i bambini anche se poi ci sono delle divergenze tra Nord e Sud. Ci sono i pro e i contro. Le due cose a mio avviso non possono essere equiparate e vanno mantenute assestanti. Quello che potrei dire a una persona che ha sempre vissuto in città che viene a vivere in un borgo è che in un borgo non si sentirà mai escluso e troverà sempre qualcuno a cui suonare il campanello e fare due parole”.

A volte la mancanza di conoscenza porta ad avere un immaginario diverso. Vivere in un paese delle aree interne non è come andarci in vacanza durante l’estate o nei week end quando non si vive la vita quotidiana e tra le cose fondamentali per viverci e soprattutto lavorare è necessaria la connessione internet. È importante superare quel divario digitale che ancora esiste in molti territori a cui poi si unisce anche un discorso legato alle carenze infrastrutturali per cui molti territori non riescono a essere riqualificati e recuperati. Oltre però alle criticità è altrettanto importante superare lo scoglio della rassegnazione e incentivare la cultura del territorio e agevolare tante azioni di cambiamento che devono partire da un concetto fondamentale che è quello della volontà, non solo dei cittadini, ma anche e soprattutto delle istituzioni.