di Miriam Iacovantuono

I borghi italiani, quelli delle aree interne, troppo spesso vengono emarginati a causa di azioni politiche e misure di rinascita che partono dall’alto. Nonostante questo, però non sono stati a guardare e hanno promosso delle azioni con l’obiettivo di far fronte al declino e ai problemi. Si sono messi in gioco con lo scopo di creare nuove opportunità di crescita, dando vita a delle reti tra i territori come quella dei Borghi Autentici d’Italia dove le protagoniste sono le persone e le comunità. L’associazione, di cui fanno parte anche Ripalimosani, Capracotta, Castel del Giudice, Macchiagodena, Pescopennataro, Pietrabbondante e Pizzone, agisce in base a delle linee guida per porre le basi di un percorso che porti allo sviluppo socio-economico dei territori coinvolti e al miglioramento della qualità della vita delle comunità locali, le stesse che vogliono ripartire e che desiderano costruire, con i loro amministratori, nuove prospettive partendo anche dagli errori del passato, elaborando un modello di sviluppo in linea con la qualità.

Nuovi residenti e una comunità aperta

Si vuole creare così un ambiente che miri ad arginare anche il fenomeno dello spopolamento includendo nuovi residenti, cittadini che sono stranieri di fatto rispetto alla cultura e alla religione. Una comunità aperta, predisposta all’inclusione sociale attraverso una strategia di cittadinanza attiva, dove ci sia l’attiva partecipazione dei cittadini alle scelte di chi governa la cosa pubblica e la vocazione all’empatia e all’ascolto della collettività da parte di chi governa. In questo modo anche quel fenomeno di marginalizzazione può andare contro corrente facendo emergere, non solo la capacità di crescita e innovazione, ma anche di coesione.

Per queste comunità, piccole rispetto alle città, è necessario dover superare dei “pericoli” che potrebbero essere in agguato. Là, dove il senso di fiducia è più radicato che in una comunità più grande, è importante arginare la perdita di identità locale e non considerare forestiero chi decide di accasarsi nei borghi, ma renderlo partecipe della vita comunitaria, così come è importante farlo anche con i giovani facendoli sentire parte di quel luogo dove il loro contributo può essere fondamentale. Un fenomeno da superare sono le contese politiche. E’ necessario andare oltre le diatribe e promuovere il confronto su programmi, progetti e proposte. Portare avanti un percorso condiviso andando oltre le competizioni interpersonali.

Patto di accoglienza

Nuovi volti stanno abitando anche le piccole comunità che si arricchiscono così di persone con culture, stili di vita e di pensiero spesso diversi dai residenti abituali. C’è poi un ritorno alle origini di persone emigrate, per perseguire la volontà di tornare a vivere in un luogo più sicuro dove poter essere protagonisti. In molti casi questa convivenza ha funzionato e anche persone di diversa nazionalità hanno contribuito a recuperare diverse attività economiche dedicandosi all’agricoltura, al turismo, ad antichi mestieri. Questo mostra come la comunità radicata è riuscita ad accogliere con fiducia secondo l’ottica del “patto di cittadinanza” trasmettendo ai nuovi residenti le regole civili e i valori della comunità. E così anche questi nuovi cittadini potranno essere i protagonisti dell’evoluzione socio-culturale ed economico dei borghi.

Cooperazione

La parola d’ordine è poi cooperazione che porta alla condivisione di una comune e partecipata concezione dello sviluppo che non escluda nessuno, ma che porti alla realizzazione di progetti comuni che coinvolgano la maggior parte della popolazione, promuovendo il confronto e il dialogo. Una cooperazione dunque che può così migliorare la condizione della comunità. Promuovere le cosiddette “reti di vicinato” ovvero ancorare al territorio il senso di coesione della comunità.

Per dare delle risposte ai bisogni della collettività l’obiettivo è progettare e attuare un percorso teso a raggiungere il benessere delle persone riscoprendo la qualità delle relazioni sociali, la solidarietà, l’equilibrio mentale e fisico, la sicurezza, l’inclusione sociale, la cultura, la conoscenza, la custodia dell’ambiente, la qualità e la bellezza del paesaggio. Leggere quindi i bisogni, le opportunità, le potenzialità e i punti di forza della società locale e del territorio e individuare così programmi, progetti e azioni di intervento necessarie.

Il valore delle giovani generazioni

Il futuro di questi territori potrà essere disegnato dai giovani e bisognerà lavorare affinché la creatività giovanile possa rivolgersi anche ai settori tradizionali del paesaggio locale come agricoltura, zootecnica, trasformazioni agroalimentari, manutenzione dell’ambiente, boschi, riuso dei materiali. Settori nei quali può andare di pari passo con antichi saperi contribuendo a progettare il futuro delle comunità anche attraverso una interconnessione generazionale. Promuovere un’azione programmatica locale in grado di formare un contesto favorevole ai giovani che si devono sentire protagonisti a pieno titolo dello scenario locale dove poter costruire un proprio progetto di vita.

Il sentimento della cura

Alla valorizzazione di un piccolo paese, e non solo contribuisce anche il suo ambiente urbano. Ed è qui che si instaura il sentimento della cura. Il miglioramento della qualità della vita non passa solo attraverso la dotazione dei servizi, ma anche nel rispetto di quel luogo e di chi vi abita. La massima cura va riservata a tutto ciò che conserva l’autenticità di quel luogo. E’ poi importante incoraggiare e sostenere interventi di recupero e valorizzazione economico-sociale del patrimonio comunitario, generando l’occasione per stimolare nuove attività economiche locali (turismo, valorizzazione di produzioni, eventi e pratiche culturali). Concentrare così le energie anche sul patrimonio edilizio pubblico che deve essere valorizzato attraverso un programma che lo ricucia al suo contesto. Ma oltre a questo anche azioni che puntino alla tutela del paesaggio creando una fusione con il patrimonio storico-artistico azionando una politica di efficace intervento, curativo e preventivo.

La mobilità

Troppo spesso poi questi territori sono caratterizzati anche dalla carenza di una mobilità sostenibile. Una mancanza di una offerta adeguata che si può arginare attraverso un’analisi territoriale e una pianificazione per uno sviluppo di un nuovo modello di mobilità sostenibile. Una sostenibilità del territorio che passi anche per la promozione dei servizi che nei piccoli paesi vengono meno.

Nuove politiche di welfare

E’ giunto quindi il momento, anche con approcci innovativi e sperimentali, di elaborare nuove politiche di welfare locale che assicurino il mantenimento delle piccole comunità sui territori e il loro sviluppo a parità dei diritti con gli altri cittadini delle città. Un welfare dimensionato alle peculiarità di una specifica comunità, pensato per dare ai cittadini dei borghi il diritto a stare bene, la possibilità di intraprendere una sana vita di relazione riconoscendo e coltivando le proprie risorse personali, la conservazione e lo sviluppo delle proprie capacità fisiche. In questo modo si potrebbero determinare integrazione e sinergia tra istruzioni e cittadini ricercando nuovi modelli, a cui potrebbero dare un contributo anche le associazioni locali. Interventi che dovranno mirare a invertire la tendenza di abbandono dei borghi, con politiche specifiche volte a incrementare la qualità della vita connessa con il diritto alla salute.

Diritto alla salute

Nei piccoli paesi, dove la popolazione è soprattutto anziana, è necessario puntare sull’efficienza e l’efficacia delle politiche sanitarie. La gestione della malattia cronica, il controllo clinico laboratoristico, la piccola e semplice diagnostica per immagini e un primo soccorso, non necessitano di strutture complesse e i relativi risparmi possono essere indirizzati per il potenziamento della rete di assistenza domiciliare o sui distretti. Un’assistenza domiciliare volta anche a combattere il disagio, l’isolamento che potrebbe sfocare in una emergenza sanitaria.

Il “saper fare”

I piccoli paesi, le comunità locali conservano l’arte del “saper fare” che non è solo patrimonio culturale, ma anche un servizio per i cittadini, una risorsa economica e produttiva fondamentale. Una sorta di pratica diffusa che punta a generare occupazione, stabilità sociale e possibilità di sviluppo futuro. Per promuovere il “saper fare” bisogna creare una alleanza tra economia e cultura, talenti e saperi, cittadini e imprese e che diventi un antidoto contro la crisi. Da qui un sostegno concreto all’agricoltura che è il motore economico della maggior parte delle zone rurali anche con la diffusione nei piccoli comuni di una figura evoluta di contadino, colto e preparato, tecnologicamente attrezzato orientato alla ricerca del proprio prodotto. Rendere protagonista questo settore, ma anche tutto ciò che ruota intorno a esso come può essere il cibo tipico del territorio. Bisogna “saper fare” e lavorare affinchè tutto ciò che c’è di autentico in un luogo non svanisca nel tempo e quindi promuovere progetti che mirino a tutelare e valorizzare il patrimonio del territorio e favorirne la fruizione.

Un lavoro autentico che va verso un cambiamento che abbia al centro la comunità locale, protagonista e in sinergia con le istituzioni, le associazioni locali. Azioni mirate che partono dal basso e dai bisogni della comunità e che vadano a smussare le criticità e a costruire un futuro attraverso la valorizzazione, la sostenibilità, la creazione dei servizi e la garanzia dei diritti.