di Greta Rodan

Il detto “La fatia de la fèmmena ‘zappènne”, cioè il lavoro della donna non è appariscente, era usato in una società dalla forte importa patriarcale e maschilista che riconosceva alla donna solo il ruolo di curatrice della casa, del marito e dei figli, ruolo che si è conservato lungamente nelle terre del Centro e del Sud Italia dove, fino alle quasi ultime generazioni, alle figlie femmine si insegnava tutto quello che una “brava donnina” avrebbe dovuto fare per rendere felice il marito, mentre i figli maschi non dovevano nemmeno essere in grado di rifarsi un letto, nell’attesa che una donna lo facesse per lui.

Tra quelli della mia generazione, quella dei quarantenni, alcuni ancora sono stati cresciuti così. Uomini che aspettano il piatto pronto a tavola, la camicia stirata e che non hanno la più pallida idea di come si cucini un uovo fritto. Che, se una volta cucinano per noi, pare abbiano dato vita a un evento, qualcosa con cui tappezzare al città “ho preparato la cena, signori, sono l’uomo perfetto”.

Ma in questa paradossale paradossale contingenza, il fatto di maggiore rilevanza è l’esistenza di donne che anche loro tappezzerebbero la città di manifesti per osannare l’incredibile esemplare che per una volta ha collaborato. Tutto questo va riscritto. Ridisegnato. L’evento deve diventare la normalità. La collaborazione deve diventare normalità. Non tanto perché in assoluto fosse deprecabile o sbagliata la differenza storica tra uomo e donna (sebbene per me lo fosse) ma perché oggi con questa storia che siamo multitasking ci siamo fatte fregare.

“Voi sapete fare cento cose insieme”, ci dicono. E così diventa che le DOBBIAMO fare, perché siamo multitasking, una parola vuota e piena solo di DEVI FARTI IL CULO, perché io sono uomo, so fare una cosa alla volta e anche così così. È una grossa fregatura, è lavorare (se abbiamo la fortuna di trovarlo, un lavoro, con la disoccupazione femminile ai massimi storici), è fare le madri che accompagnano i figli a fare ottocento attività, cucinano, lavano, stirano e, tra una cosa e le cento altre, devono anche essere belle. Ché una volta, e mai la dimenticherò, una signora sopra i sessanta disse a una ragazza, che dopo la gravidanza aveva messo su un po’ di chili, “devi mantenerti magra, altrimenti tuo marito si trova un’altra”.

E io mi sono immaginata il figlio di questa signora e che lei gli avesse insegnato che una donna la puoi tradire se diventa meno bella. E ho pensato ancora una volta che il problema delle donne qualche volta sono altre donne, altre madri.